Foreign Film Festival 2004 – Ischia

Esiste il cineturismo? Può una pellicola imprimere nella mente dello spettatore, un immaginario tale da spingerlo successivamente a ricercare quegli stessi luoghi? La seconda edizione del Foreign Film Festival (Ischia, 22-26 giugno 2004), ha confermato le aspettative e l’intuizione di Michelangelo Messina, patron del festival ischitano, che diventa uno dei pochi esempi festivalieri, che coniuga con intelligenza e appiglio organizzativo, cinema e territorio. Merito di un’organizzazione solida e ‘cineinteressante’ e di una grande idea di fondo: quella di rendero lo sfondo, lo scenario, il luogo, parte attiva del ragionamento cinematografico, attraverso un percorso storico, enogastronomico, culturale e cinematografico. Tutto in un’unica formula. Il cuore del festival, premi e film in concorso a parte, sono state le due tavole rotonde: “orizzonti sud-cinematografici: verso una re-interpretazione del (proprio) territorio”, e “cineturismo: tendenze e prospettive di un nuovo fenomeno turistico-culturale”. E’ giusto anche sottolineare gli altri incontri: l’interessante mostra e back-stage fotografico di Philippe Antonello su “The Passion”, la mostra del maestro tre volte premio oscar, Carlo Rambaldi, gli incontri con Luca Verdone e il suo documentario su Billy Wilder, e Luciano Emmer che ha parlato del suo ultimo lavoro su Napoli, Vedi Napoli e poi…muori. Ma per capire meglio l’anima di questo festival, cerchiamo di trarre delle conclusioni sui due incontri. Il primo, traccia un’analisi delle motivazioni autoriali e produttive di un fenomeno (accezione che utilizzo ora per comodo) che negli ultimi quattro anni ha ridisegnato la geografia fisiologica del cinema italiano.

Vincenzo Marra, Francesco Patierno, Costanza Quatriglio e il produttore Rean Mazzone, hanno cercato di comunicare al pubblico qual è il loro sud-cinematografico. Non una coordinata di comodo, folkloristica, ma interna, universale, assolutamente intima e antropologica. Un certo modo di fare cinema che si muove lungo un asse vivo e originale, che rielabora la materia del cinema, ne codifica i generi, creando non ibridi, ma piccoli spazi in cui riflettere, luoghi dove la propria esperienza di essere umano, conta più della parola filmata. Un documentario sul cinema che racconta le storie, esplora i conflitti, produce delle ferite a volte mortali. Nelle dichiarazioni di Costanza Quatriglio ad esempio, viene fuori tutto il significato di questo cinema: “Nel sud esiste un tempo specifico che ha bisogno a sua volta di un tempo per essere ripreso, in modo da far emergere la verità dei luoghi e delle radici. E’ importante”. Un’importanza che passa anche dall’aspetto produttivo come sottolinea Rean Mazzone, produttore del film della Quatriglio: c’è una crisi autoriale quando nel paese si instaura un grave problema sociale che non si riesce più a raccontare. Mancano ancora all’appello molti territori che devono essere raccontati con la stessa forza universale. Prendo l’esempio di Ciprì e Maresco, dei quali ho prodotto i loro lavori. Ora stanno preparando un film sul jazz in America, o al nuovo film di Patierno che si girerà a Napoli, o ai documentari di Costanza. Esistono questi due sud: geografico e filosofico. I registi del Nord ad esempio, hanno difficoltà a raccontare il proprio territorio, per cui parlano della metropoli. Certo, esistono oggettivi problemi produttivi legati al denaro, che possono modificare i progetti. La mia casa di produzione, ha ereditato il progetto de L’isola, perché la precedente produzione voleva fare il film in sei settimane, ma non aveva il budget per coprirle. Invece abbiamo ritenuto importante andare oltre quel tempo, arrivando alle nove settimane, perché il racconto fosse autentico. Quelle tre settimane in più ci sono servite per raccontare la vera mattanza del pesce, perché altrimenti sarebbe stato non autentico.

Nel secondo incontro invece, si è privilegiata l’analisi tecnica-produttiva, introducendo nel dibattito due importanti strumenti produttivi, che si stanno imponendo: il concetto di product placement, introdotto dalla nuova legge sul cinema firmata da Urbani, e il ruolo delle Film Commission regionali. Per parlare di product placement è intervenuto Gerardo Corti, responsabile della Jmn&Dy. Questo sistema permette di inserire all’interno del tessuto filmico, dei prodotti che in cambio della pubblicità ottenuta, portano dei finanziamenti al film. L’estensione del prodotto va anche rivolta al territorio, che può rappresentare e rappresentarsi. Interessante su questo versante le dichiarazioni rilasciate da Oreste Rossignoli ha parlato dell’esperienza della Eagle Pictures in Italia di Ciro Dammico e dello sviluppo di progetti da realizzare con un budget preventivato e rispettato di 30 milioni di dollari. Si tratta di The Lazarus Child, del quale è terminata nei giorni scorsi, l’edizione. Il film tratto dal best seller dello scrittore Robert Mowson, con sceneggiatura di Ron Bass, è interpretato da Andy Garcia, Frances O’Connor e Angela Basset. Sarà distribuito negli Stati Uniti tramite la Warner Bros, prima della fine dell’anno. La canzone principale (composta oltre che da Jack Lenz, anche da Ciro Dammico) è cantata da un duetto: Andrea Bocelli e Holly Stell. Rossignoli ha parlato delle difficoltà incontrate nella produzione del film: “ci si è dovuti guardare attorno e vedere dove questi soldi si potessero trovare. Primo passo è stato quello di contattare coproduttori europei. Trovato il 50% di budget abbiamo cambiato la sceneggiatura e speso parte del budget in Canada che ci ha elargito a fondo perduto circa 1.500.000 dollari. Il governo si è messo a fare l’imprenditore”. Ma si è parlato anche del ruolo, dell’importanza e delle difficoltà delle Film Commission italiane. Prima fra tutte quella del Torino-Piemonte che con il successo di Elisa di Rivombrosa sembra l’esempio da analizzare e seguire. Un’edizione ricca di stimoli e scenari meravigliosi, che dalla prossima edizione, si arricchirà di più film e più giorni e che hanno interagito con un cinema fatto di luoghi e non semplicemente fondali.


di Davide Zanza
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