Mission: Impossible – The Final Reckoning
La recensione di Mission: Impossible - The Final Reckoning, di Christopher McQuarrie, a cura di Francesco Parrino.

Dopo gli eventi di Mission: Impossible – The Dead Reckoning che hanno visto l’agente dell’IMF Ethan Hunt (Tom Cruise) recuperare le due metà della chiave cruciforme con cui fermare una volta per tutte l’Intelligenza Artificiale nota come Entità e i piani di dominio del mondo della sua nemesi di sempre, Gabriel (Esai Morales), è arrivato il momento della resa dei conti. L’Entità ha intenzione di prendere possesso delle più pericolose basi nucleari del globo per scatenare la Terza Guerra Mondiale. Solo Ethan, Benji (Simon Pegg), Luther (Ving Rhames) e Grace (Hayley Atwell) potranno fermarla, ma a quale prezzo? Questo è Mission: Impossible – The Final Reckoning di Christopher McQuarrie. L’atto finale della “saga impossibile” di Ethan Hunt che dopo la presentazione in anteprima mondiale, fuori concorso, alla 78esima edizione del Festival di Cannes, arriva nei cinema italiani con Paramount Pictures ed Eagle Pictures a partire dal 19 maggio.
Un film agognato, attesissimo, di cui sentiamo parlare dal lontano 2019 in cui Cruise e McQuarrie annunciarono la realizzazione di un settimo e ottavo film con cui chiudere in gran stile la saga. Il titolo? Mission: Impossible – The Dead Reckoning Part I-II. Un dittico cinematografico sullo stile di Avengers: Infinity War/Endgame girato back-to-back in modo da ammortizzare i costi di produzione e rendere il tutto il più compatto e omogeneo possibile anche in termini artistici. Poi la pandemia da COVID-19, i ritardi, la rielaborazione del concept in due film sempre collegati ma del tutto autonomi per produzione e narrazione, lo sciopero SAG-AFTRA e lo spettro del flop commerciale per due film dallo sforzo economico ingente. 291 milioni di dollari per Mission: Impossible – The Dead Reckoning, 300 milioni di dollari per Mission: Impossible – The Final Reckoning: I due film più costosi mai prodotti dalla Paramount in tutta la sua storia pluricentenaria.
Del resto è di un’occasione filmica straordinaria che stiamo parlando, la fine del viaggio trentennale di una saga action unica e irripetibile costruita intorno al corpo fisico e cinematografico di Cruise – che di Mission: Impossible è agente scenico principe, volto di copertina trainante, produttore e perfino regista silenzioso da quando è subentrato dietro la macchina da presa il partner-in-crime McQuarrie – e plasmata sulla sua effige tra scelte stilistiche, naturalismo vivido e stunt adrenalinici e realistici. Soprattutto realistici. A differenza di altre saghe cinematografiche in cui la sospensione d’incredulità viene inquinata da CGI invasiva e soluzioni al limite dell’inverosimile per esigenze commerciali e di pubblico, infatti, Mission: Impossible ha visto i propri stunt evolvere e adattarsi all’anagrafe di Cruise. E con loro i toni narrativi. Non stupisce infatti che Mission: Impossible – The Dead Reckoning e Mission: Impossible – The Final Reckoning siano i film dai toni più maturi, cupi e crepuscolari di tutta la saga.
Attorno alla linea dialogica «Viviamo e moriamo nell’ombra, per proteggere chi ci sta a cuore e chi non conosceremo mai», McQuarrie e Cruise costruiscono il lungo addio a Ethan Hunt nelle forme di un doppio kolossal d’azione che volge al passato nella sua narrazione dai sapori nostalgici che raccontano di intrighi da Guerra Fredda in una caccia all’uomo globale senza limiti e confini, per guardare al presente e alle sue incertezze tra politici senza scrupoli e intelligenze artificiali senzienti a un passo dallo scatenare il caos globale. Nel mezzo la vita sacrificabile del sessantenne Ethan Hunt e la somma delle decisioni che lo hanno portato fin qui affidate a una narrazione che con Mission: Impossible – The Final Reckoning in particolare, tra raccordi, rimandi e inaspettati camei che chiudono il cerchio andando a colmare le lacune dei lasciato detto della saga con astuzia e armonia, ci ricorda di quale straordinario talento è dotato Cruise che qui si distingue in una prova fisica maiuscola per intensità e bravura.
Tutto questo e tanto altro è Mission: Impossible – The Final Reckoning. Puro cinema esperienziale hollywoodiano che regala emozioni, due macro-sequenze action da manuale, un uso intelligente del montaggio alternato che compensa una regia priva di particolari guizzi stilistici, un cast di nomi di primo livello tra protagonisti e semplici comprimari, e la certezza che d’ora in avanti non ci sarà più un film di Mission: Impossible da aspettare al cinema. Ethan Hunt ci lascia nel modo migliore e più giusto possibile e per questo gli saremo sempre eternamente grati.

di Francesco Parrino