Il cuore grande delle ragazze

Un’Italia rurale e ingenua che probabilmente non esiste più. Due famiglie diverse: da una parte proprietari terrieri un po’ ignoranti e volgari (ma ricchi), dall’altra dei mezzadri che hanno sempre vissuto semplicemente, a contatto con la terra e con i problemi di tutti i giorni.
Questo è il cuore del plot dell’ultimo lavoro firmato da Pupi Avati. Il film, intitolato Il cuore grande delle ragazze, ripropone in modo preciso poetiche e stilemi che nei decenni hanno costituito l’architettura espressiva del cinema di Avati. Storie piccole e delicate, ironia mescolata al dramma, raffigurazione di un paese, l’Italia, che nella visione del regista emiliano è un miscuglio di candore esistenziale, divertimento popolare e banalità umana. In questo caso si contrappongono due comportamenti/atteggiamenti: quello sempliciotto ma vitale di Carlino, ossessionato dal sesso e dal mondo femminile, e quello “puro” di Francesca, che invece arriva in provincia da Roma e che sogna l’edificazione di una famiglia tradizionale nel rispetto della propria illibatezza. Tra i due ragazzi ecco agire scompostamente alcuni parenti decisamente grotteschi, i quali costruiscono i presupposti per lo sviluppo di una vicenda che vorrebbe possedere dei tratti di autentica comicità.
Il cuore grande delle ragazze è tutto qua. E’ molto difficile proseguire in un discorso critico che possa tirar fuori degli elementi su cui riflettere. D’altra parte, non sembra essere stata l’intenzione dello stesso Avati, quella di costringere lo spettatore e/o il critico a un lavoro di interpretazione del testo filmico. Dobbiamo, dunque, limitarci alla presa d’atto del compito svolto dal cineasta bolognese, il quale è certamente regista di grande garbo e pacatezza comunicativa.
Il problema è che l’autore di Regalo di Natale ha perso l’antica visione caustica della vita e dei rapporti umani e ha ormai la tendenza a ripercorrere in modo automatico sistemi espressivi che usa in maniera fin troppo naturale. Per quel che concerne Il cuore grande delle ragazze, si ha dunque l’impressione di avere a che fare solo con un piccolo film realizzato professionalmente e che intende esclusivamente giungere in un porto sicuro.
Oltre a ciò, poco altro da notare se non che nei panni del personaggio centrale è stato chiamato a operare la popstar nostrana Cesare Cremonini. Anche questa scelta non rappresenta una novità per quel che riguarda la storia autoriale di Pupi Avati, da sempre abituato ad affidare alcuni ruoli centrali a personaggi dello spettacolo non propriamente cinematografici (Katia Ricciarelli ne La seconda notte di nozze, ad esempio) o, più spesso, ad attori non in grande spolvero.
Inutile dire che Cremonini non è un attore e lo si vede in maniera molto chiara, purtroppo.
Per concessione della testata giornalistica Cultframe – Arti Visive
di Maurizio G. De Bonis