L’oro di Napoli

La recensione di L'oro di Napoli, di Vittorio De Sica, a cura di Ignazio Senatore.

Sono 70 le candeline de “L’oro di Napoli”, per la regia di Vittorio De Sica. Tratto dall’omonimo volume di Giuseppe Marotta, co-sceneggiatore del film, suddiviso in sei episodi, recentemente restaurato.
Nel primo “Il guappo”, Don Saverio Petrillo (Totò), di professione “pazzariello”, è vessato da Don Carmine, il guappo del quartiere che, da dieci anni, si è insediato in casa sua. Quando al guappo gli diagnosticano un infarto. Don Saverio trova il coraggio di cacciarlo di casa. Ma la diagnosi era errata e il guappo, quando si ripresenta a casa di Don Saverio comprende che non c’è più posto per lui.
In “Pizze a credito”, Sofia (Sophia Loren), pizzaiola, è sposata con Rosario (Giacomo Furia). Lei lo tradisce e, quando rientra di corsa in pizzeria, il marito scopre che non ha più al dito il prezioso anello di fidanzamento che le aveva regalato. Astutamente, lei gli lascia credere che ha perso l’anello mentre impastava la pasta delle pizze. Sul finale, l’amante di Sofia, riporta l’anello in pizzeria, lasciando credere all’ingenuo Rosario di averlo trovato nell’impasto.
Ne “Il funeralino” il corto funebre accompagna al cimitero un bambino deceduto.
Ne “I giocatori”, protagonista è De Sica nei panni del conte Prospero, un nobile decaduto, incallito giocatore che sfida a carte Gennarino (Bilancione), un ragazzino che lo batte, inesorabilmente, a scopa.
In “Teresa”, protagonista è Silvana Mangano, una giovane prostituta romana. Scoprirà che l’uomo che l’ha sposata, roso dai sensi di colpa per il suicidio di un’ex fidanzata, l’ha scelta per scontare i suoi peccati e, di fatto, le ha proposto un “matrimonio bianco”.
A chiudere l’episodio “Il professore”. Don Ersilio Miccio (Eduardo De Filippo) dispensa nel quartiere, a pagamento, pillole di saggezza. Alcuni sono esasperati dal comportamento di un conte che esige che al passaggio della sua auto la strada deve essere sgombra. Don Ersilio, invece, suggerisce che al passaggio del conte in coro devono dedicargli una sonora pernacchia,
Tanti gli aneddoti relativi al film. Ponti impose la Loren e Sophia, grazie a questo film, divenne il simbolo, per antonomasia, della pizzaiola. Per l’episodio del “guappo”, De Sica aveva scelto un vero guappo del quartiere Sanità. Ci aveva, poi, ripensato, ritenendolo troppo rigido e gli aveva fatto sapere che avrebbe fatto a meno di lui. Senza troppi giro di parole, il guappo gli lasciò intendere che non poteva più tornare indietro, pena la sua posizione di prestigio nel quartiere. De Sica allora, anche se a malincuore, gli affidò la parte, giudicando, poi, positivamente, la sua prova attoriale. Ma l’aneddoto più divertente legato al film, raccontato dallo stesso De Sica. Un uomo sulla quarantina si rivolse all’amministratore che ogni sera provvedeva a pagare le comparse, e pretese di essere liquidato, pur non essendo stato impiegato sul set. A sostegno della sua tesi, questa travolgente affermazione: “Ma io sono curioso. Nun so juto a faticà. Mi avete attratto. Mi dovete risarcire.”


di Ignazio Senatore
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