Avanti pop, Andy Warhol alla riscossa
Lo sappiamo: la Storia, e dunque anche la Storia del Cinema, non andrebbe mai fatta con i se. Ma seAndy Warhol non fosse morto; se Andy Warhol non fosse stato ricoverato per un intervento chirurgi-co che pare dovesse essere di routine (quasi fosse un gesto chirurgico “meccanico” ed impersonale, molti-plicabile per enne volte proprio come in uno dei suoi celebri quadri-non-solo-pop o dei suoi altrettanto celebri film-non-solo-pop); se Andy Warhol non si fosse aggravato incidentalmente per un improvviso, nuovamente quasi-meccanico, quasi-impersonale attacco di cuore, spegnendosi alle 6 e 32 minuti di un mattino del 22 febbraio dell’anno 1987 (e scommettiamo che, se Andy Warhol avesse potuto mettere in scena la propria morte, avrebbe insistito sulla precisione dei minuti ed anche dei secondi, aumentando paradossalmente il senso spaventoso e sublime ad un tempo dell’impersonalità del Tempo); se Andy Warhol non fosse oggi “fe-steggiato” in occasione del 20° anniversario della sua morte, in modo di nuovo quasi-meccanico, di nuovo quasi-impersonale, da parte del vivacissimo Festival “Da Sodoma a Hollywood” (22° Turin Gay & Lesbian International Film Festival, dal 19 al 26 aprile 2007); se Andy Warhol ci fosse; se Andy Warhol fosse a Tori-no, qui ed ora; se e ancora se – scrivevamo –, molto probabilmente Andy Warhol metterebbe in scena un omaggio proprio così; proprio come questo qui del Festival (con l’applauditissima re/visione di tre classici fra le sue pellicole quanto-mai-anticlassiche come My Hustler, 1965, Lonesome Cowboy, 1968, e soprattutto il mirabile e mirabolante The Chelsea Girls, 1966, riproiettato al pubblico come da indicazioni filologiche del MoMA – Metropolitan Museum of Modern Art, New York); fingendo magari di essere morto vent’anni fa; rico-verato in un New York Hospital così e cosà; per poter guardare indietro alla propria morte come se nulla fos-se, con sentimenti squisitamente azzerati, con modalità squisitamente pop. Se Andy Warhol ci fosse, se ne deduce, farebbe come se non ci fosse più. E allora: Andy Warhol è davvero morto più o meno vent’anni fa, e proprio per questo è adesso multi-omaggiato? O è adesso ancora vivo e multi-omaggiato in perfetto stile warholiano, prima dalla Viennale del 2005 ed ora dall’ultima edizione torinese di “Da Sodoma a Hollywood”, e cioè proprio come se fosse morto più o meno vent’anni fa?
Quale che sia l’ipotesi corretta, la prima o la seconda, quasi non importa, poiché ora, su due schermi contemporanei e compresenti, un fotogramma a destra e un fotogramma a sinistra, il primo e il secondo as-sieme, inizia a rullare il doppio-film di The Chelsea Girls, che da esperimento d’avanguardia di personalissi-ma e geniale e al tempo stesso “asettica” stereofonia visiva – ri/vedere per ri/credere Nico che si taglia i biondissimi capelli a destra (ma sì, certo, è ovviamente la Nico dei Velvet Underground, non c’è neppur bi-sogno di precisarlo) e Bob “Ondine” Olivio che parla e straparla con cadenza tipica del Bronx a sinistra – è divenuto ora meccanicamente e in maniera quasi-asettica un film considerato classico, osannato per ogni dove, considerato «il film che inventa, già 40 anni fa, la televisione più avanzata che esista oggi, reinventan-do al tempo stesso per la prima volta, dal tempo dei Lumière, la straordinaria impersonalità del cinema» . Da anti-classico per antonomasia a classico per naturale passare del tempo: è l’ironia della sorte. Come se pro-prio la Storia nella sua impersonalità – e la Storia del Cinema, in particolar modo – fosse capace in automa-tico e meccanicamente di gesti magistrali d’azzeramento radicale e capovolgimento e ri-rappresentazione della realtà e ri-formulazione del senso, quei gesti geniali di cui credevamo capace solo un artista pop come Andy Warhol.
di Gabriele Barrera