In ricordo di Salvatore Piscicelli

La Redazione del SNCCI sinceramente ricorda la persona e il lavoro di Salvatore Piscicelli.

Ci ha lasciati oggi Salvatore Piscicelli, regista molto caro al Sindacato Nazionale dei Critici Cinematografici Italiani.

L’autore debutta dietro la macchina da presa nel 1976 con il documentario “La canzone di Zeza”, ma diventa presto un nome di riferimento con il suo primo lungometraggio “Immacolata e Concetta” (1979). Il film, interpretato da Ida Di Benedetto e dedicato alla “scandalosa” storia d’amore tra due donne sullo sfondo di una Pomigliano d’Arco in bilico tra sapori rurali e trasformazione industriale, fa scalpore, vince il secondo premio al Festival di Locarno, parla un linguaggio internazionale che sembra l’avanguardia di una nuova stagione del cinema italiano.

Due anni dopo è in concorso alla Mostra di Venezia con “Le occasioni di Rosa”, ambientato a Secondigliano all’indomani del terremoto dell’Irpinia. Grazie all’attenzione del regista per figure femminili forti e anticonvenzionali, l’esordiente Marina Suma vincerà il David di Donatello. A quel punto però la “nuova onda” del cinema italiano conosce un momento di stasi e, mentre appare l’astro di Massimo Troisi (che debutta nello stesso 1981), le strade della produzione diventano impervie per Salvatore Piscicelli, renitente a ogni compromesso commerciale e costretto ad aspettare il 1985 per una nuova regia. Sarà il musical “Blues metropolitano” con cui si conclude un’ideale trilogia partenopea che racchiude in sé gli umori di una stagione culturale. Infatti nel resto della sua attività artistica il regista rimarrà fedele ai suoi temi più profondi: la figura femminile, le contraddizioni segrete dell’amore e della coppia.

“Regina” del 1987 con la sua musa Ida Di Benedetto sembra oggi un omaggio al molto amato Rainer Fassbinder; “Baby Gang” (1992) appare un profetico “instant movie” dal taglio pasoliniano, “Quartetto” (2001) richiama i dettami del “Dogma” di Lars von Trier. In mezzo va ricordato il suo impegno come autore e produttore per “Rose e pistole” (1999) affidato alla regia della compagna Carla Apuzzo e che anticipava un’idea napoletana del Pulp poi ripresa dai Manetti Bros. con “Ammore e malavita”. Nel 2003 firma l’autobiografico “Alla fine della notte” con Ennio Fantastichini per poi tornare due anni dopo all’antico amore – il documentario – con “La comune di Bagnaia”.


di Redazione
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