Presente indeterminato: presentata la 39. Settimana Internazionale della Critica
Beatrice Fiorentino, Delegata Generale della 39esima Settimana Internazionale della Critica, introduce l'edizione 2024.
In che mondo viviamo? In che tempo viviamo?
Un mondo indecifrabile, un tempo indefinito, colmo di incertezze, di incognite, all’interno del quale si è fatto difficile orientarsi e persino distinguere il vero dal falso, la realtà dalla finzione. Siamo dentro a un presente indeterminato, dove il rischio – ogni giorno più concreto – è quello di smarrire anche la capacità di interpretazione, quasi che i riferimenti, i codici che hanno permesso di riconoscerci e di definirci secondo un linguaggio comune, si stessero rivelando improvvisamente inadeguati, fallaci, contraddittori. In un simile scenario, a un passo dal baratro, in un mondo funestato da guerre, armi, questioni ambientali e sociali che impongono al più presto un radicale cambio di passo se si vuole scongiurare la catastrofe, che risposte può offrire il cinema? Non risposte, dubbi semmai. Le immagini del presente – alle quali non smettiamo mai di guardare, nonostante tutto, e alle quali ancora ci affidiamo nell’affannoso bisogno di coordinate – anziché generare certezze, ci interrogano, ci sfidano e ci richiamano alla necessità di una presa di coscienza e di responsabilità superiori, poiché oggi tutto è in discussione. Anche ciò che vediamo.
Il cinema del presente sembra assecondare questo spaesamento, la sensazione di trovarci in un momento di sospensione, di attesa. I film che compongono il programma della 39. edizione della Settimana Internazionale della Critica, frutto di un sempre fertile e stimolante dialogo con il comitato di selezione formato da Enrico Azzano, Chiara Borroni, Ilaria Feole e Federico Pedroni, che ormai da tre anni mi affianca nella definizione delle rotte più solide del cinema contemporaneo, vanno in questa
direzione, confermando lo smarrimento che ci accomuna a ogni latitudine del pianeta. Una selezione dai forti chiaro-scuri che trasmette un senso di instabilità generale, e che si compone in un ventaglio di proposte che, nella loro composita varietà, comunicano tra loro secondo il principio delle attrazioni, generando nell’insieme un discorso ancora più ampio, più dinamico e sfaccettato.
Numeri record quest’anno alla SIC, che accoglie come sempre 7+2 titoli –scelti tra i quasi 700 considerati e provenienti da ogni continente– dove la rappresentazione del mondo è declinata attraverso i codici del cinema di genere e d’autore, con uno stile realista, documentario, talvolta ironico, oppure in chiave metaforica, attraverso il filtro del realismo magico.
Nuove sfide ci attendono, sia sul piano della realtà che sul fronte della narrazione. Mentre osserviamo – senza pregiudizi, ma neppure disattenti – le nuove frontiere dell’immagine, anche quelle generate artificialmente dalle AI nelle sue prime convincenti applicazioni (a prescindere dall’inderogabile accordo sui principi etici e legislativi che ne dovranno disciplinare la produzione), ci confrontiamo con un presente schizofrenico, eppure a suo modo elettrizzante. Forse non necessariamente distruttivo, ma potenzialmente rigenerante, o rigenerativo, in ogni caso un’opportunità per ripensare, ancora, la storia e il futuro del cinema.
Sarebbe paradossale e bellissimo, se proprio alle porte dell’inferno, quando ogni schema è caduto e tutto sembra indicare che siamo ormai prossimi alla fine, riuscissimo invece a trasformare la tempesta perfetta in un nuovo inizio. E quindi rinascere. Rifondare. Anche attraverso l’immagine.