77 Festival di Locarno: la retrospettiva dedicata alla Columbia
Al Festival di Locarno è stata dedicata una retrospettiva al film della leggendaria major Columbia.
Da parecchi anni Locarno è l’unico grande festival che lavora su una retrospettiva importante. Mentre gli altri propongono omaggi o sezioni che racchiudono una selezione limitata di film restaurati, il festival svizzero investe ogni anno risorse ed energie per proporre a un pubblico di attenti cinefili, che arrivano un po’ da tutto il mondo, una retrospettiva organica che approfondisca la conoscenza di una cinematografia, di un genere, di un autore o di una casa di produzione, il tutto accompagnato da un libro sempre molto complesso e illuminante.
Quest’anno è toccato alla Columbia, la major rappresentata dalla “Lady with the Torch” che ricorda la Statua della Libertà, e la cura è stata affidata a Ehsan Khoshbakht che i cinefili italiani conoscono molto bene per il ruolo importante che ricopre al festival bolognese del Cinema Ritrovato. La selezione che è stata presentata è evidentemente ispirata a due punti cardine: da un lato, mostrare i film che per la Columbia sono stati realizzati da registi importanti (Capra, Welles, Hawks – e stiamo parlando di È arrivata la felicità, La signora di Shanghai e Ventesimo secolo, quindi di film che hanno fatto la storia del cinema); dall’altro sottolineare come la Columbia avesse una linea di b-movies (e come sappiamo in America il termine serie B non ha niente di dispregiativo, è solo questione di budget) che era uno dei tratti distintivi più importanti.
Prendiamo per esempio il ciclo “Ranown”, i film diretti da Boetticher, interpretati da Randolph Scott e prodotti a vario titolo da John Wayne, Harry Joe Brown e Merian C. Cooper . A Locarno si è rivisto L’albero della vendetta, con James Coburn che era appena un ragazzino e Lee Van Cleef che era già cattivissimo, ma soprattutto si è ammirato il fatto che fosse un film tutto girato i luoghi reali (peraltro bellissimi), con un cast ridotto all’osso ma con una tensione che sale di minuto in minuto, grazie anche all’ottima sceneggiatura di Burt Kennedy. Non è un caso se André Bazin, il fondatore dei Cahiers du Cinéma, li definiva “western esemplari”: e il marchio Columbia è stato davvero fondamentale per la loro realizzazione.
Ogni retrospettiva che si rispetti ha la sua scoperta, e in questo caso bisogna dire che assoluto vincitore è The Killer That Stalked New York, un thriller il bianco e nero del 1950 che ebbe anche una fugace uscita italiana con il titolo La città del terrore. Il regista Earl McEvoy è poco noto e anche nel cast non ci sono nomi di spicco a parte il ruolo secondario di Dorothy Malone, che però diventerà famosa più tardi. Ma è la trama a sorprendere, e il ritmo scatenato a confermare che si tratta di un capolavoro misconosciuto. La donna di un piccolo delinquente arriva a New York con dei diamanti rubati, ma non sta troppo bene, ha la febbre, si sente mancare. È portatrice di un terribile morbo africano, che inizia a contagiare chi le sta vicino. La polizia non riesce a capire chi sta propagando il virus, la municipalità istituisce il vaccino obbligatorio e questo comporta problemi perché c’è chi si rifiuta. Vi ricorda qualcosa? Un thriller davvero coinvolgente, di una modernità unica, a dimostrazione che la Columbia investiva nei film di serie B pochi soldi, ma tante idee.
di Caterina Taricano