L’età barbarica
La vita è amara nel Québec, provincia francofona, apparentemente prospera, del Canada orientale. E gramo è il destino dell’uomo – e in particolare del maschio – occidentale, costretto a sopportare, giorno dopo giorno, frustrazioni di ogni genere: lavorative, affettive, sessuali. Jean Marc Leblanc, protagonista dell’Età barbarica (il film non è un seguito delle Invasioni barbariche anche se il regista e sceneggiatore Denys Arcand ne ripropone in parte le atmosfere), è un funzionario pubblico, per conto del governo del Québec dovrebbe aiutare persone in difficoltà: c’è chi chiede una casa popolare, chi vuole giustizia in un’assurda causa legale, chi chiede notizie del coniuge arrestato solo perché arabo. In realtà Jean Marc non può fare nulla per nessuno e ha perso ogni interesse per il proprio lavoro. A casa la moglie, rampante agente immobiliare, lo ignora o lo umilia, mentre le figlie adolescenti non hanno alcun dialogo con lui. Gravato anche dal problema della madre malata, Jean Marc può contare solo sull’amicizia di due colleghi e sul ricorso alla fantasia. Immagina di essere uno scrittore famoso, di essere sedotto da spregiudicate giornaliste, di schiavizzare il suo capo diretto (una donna antipatica ma assai seducente), di avere una relazione con una splendida attrice. Dalla fantasia Jean Marc precipita in una situazione assurda ma vera quando conosce una donna bellissima e svitata che lo trascina in una congrega di fanatici delle rievocazioni medioevali. Ma alla fine il grigio impiegato dovrà trovare il coraggio di affrontare la realtà e forse di tentare di cambiarlo.
Corrosivo e struggente, malinconico e divertente, L’età barbarica è un film intelligente e stimolante, non sempre riuscito, non all’altezza delle Invasioni barbariche ma ricco di umanità, di amore per la vita – nonostante tutto – e carico di uno sguardo disincantato ma non disperato sul nostro mondo, insidiato dal fondamentalismo – esemplare la scena in cui i ridicoli “crociati” del Duemila tuonano contro l’Islam – ma capace qua e là di regalare attimi di speranza e di bellezza. Le scene legate alle fantasticherie del protagonista possono apparire ingenue ma risultano alla fine efficaci e credibili. Bravi i protagonisti, indovinate le scelte musicali.
di Anna Parodi