Il viaggio – The Journey
L’importanza del film diretto dall’irlandese di Belfast Nick Hamm, regista con esperienze prevalentemente televisive, è legata soprattutto all’argomento trattato: un conflitto che ha lasciato sul campo oltre 3000 morti. Ma la scelta di romanzare fin troppo l’incontro tra i due nemici, contrapposti tra loro da sempre, non riesce a convincere. The “troubles”, termine che potrebbe essere tradotto come “disordini”, sono di fatto quegli eventi che hanno insanguinato per trent’anni e più l’Irlanda del Nord ma anche la Gran Bretagna in generale con attentati nonché veri e propri omicidi. L’origine di queste forti tensioni era legato alla suddivisione territoriale avvenuta alla fine della guerra d’indipendenza irlandese, durata tre anni, che nel 1922 aveva lasciato le sei contee nord orientali dell’Irlanda con maggioranza cattolica sotto il dominio britannico. Tuttora sotto la cenere c’è ancora brace che arde e, per questo, è comprensibile la scelta di non volere giudicare, di cercare di dare a ognuno dei due contendenti lo stesso peso politico, la stessa quantità di battute vincenti e perdenti. Ma questo lavoro fatto a tavolino, alla fine rallenta notevolmente il ritmo del film e priva di vero interesse quello che viene narrato.
I protagonisti sono il reverendo presbiteriano Ian Paisley – leader del Partito Unionista Democratico – e Martin McGuinnes – elemento di punta del Sinn Féin, il braccio politico del movimento repubblicano – diametralmente opposti per credo e ideali ma, forse, accomunati dall’amore verso l’Irlanda del Nord. Di loro, però, si immagina molto e si conosce poco grazie a una sceneggiatura che ipotizza un incontro su un’auto che porta il predicatore all’aeroporto di Edimburgo per potere raggiungere casa e festeggiare l’anniversario dei 50 anni di matrimonio.
Come buona regola in quegli anni, i due leader nemici viaggiano assieme, per evitare attentati che lo spostamento di un singolo avrebbe potuto far temere. Per questo la scelta di rappresentarli in un tragitto di alcune ore in un confortevole veicolo è più che logica. Vengono, però, enfatizzate troppo le loro somiglianze; si vuole inoltre dimostrare in maniera ecumenica che basta dialogare per trovare umanità, serenità, amicizia anche tra persone notevolmente diverse per carattere e ideali. In pratica, ci si domanda come mai non si fossero mai incontrati durante trent’anni se tra loro, in definitiva, c’erano tanti punti in comune.
Nei dialoghi vengono citati i dieci repubblicani morti d’inedia dopo uno sciopero della fame che aveva colpito non poco l’opinione pubblica mondiale per la freddezza e il distacco del governo inglese che, attraverso il suo leader Margaret Thatcher, aveva lasciato che questo dramma si perpetrasse senza mai intervenire. Per contraltare e per par condicio per quel che riguarda colpe, si parla degli attentati in cui morirono anche bambini e si fa fare un mea culpa a chi ne fu diretto, o indiretto, mandante. Questa prevedibilità castra l’interesse per un onesto film che ha scelto un profilo basso per raccontare una storia molto recente, un incontro da cui è nata una pace che nel 2016 – anno di realizzazione del film – ha festeggiato i suoi primi dieci anni di vita.
Soprattutto all’inizio la narrazione impiega troppo tempo per carburare, con scene che vorrebbero rendere credibile il percorso. Ma la sceneggiatura in vari passaggi sembra debole e alcune figure, come ad esempio il Primo Ministro britannico Tony Blair e il leader irlandese Bertie Ahern (fautori dell’incontro) appaiono poco definite.
La produzione ha deciso di narrare questa storia a partire da un titolo che potesse essere vincente a livello internazionale, evitando troppi riferimenti a situazioni conosciute solo a livello locale e creando un road movie dal taglio teatrale che potesse ottenere buon riscontro al Box Office. Presentazioni alla Mostra del Cinema di Venezia e al Toronto International Film Festival dovevano essere le carte vincenti per una buona vendita a livello mondiale. Invece, la prima autentica circuitazione Il viaggio l’ha avuta solo ora in Italia mentre in Gran Bretagna giungerà sugli schermi a fine giugno. Il cast risulta, comunque, interessante con interpreti validi, come Timothy Spall e Ian Paisley, che hanno saputo dare vita a una prova da cui deriva una buona occasione di intrattenimento.
Ne Il viaggio, però, le inquadrature e l’alternarsi dei dialoghi sono, purtroppo, tipici del piccolo schermo e finiscono col danneggiare l’opera. Grazie anche alla non eccessiva durata, questo lungometraggio riesce, comunque, a non annoiare e a mantenere interesse un minimo nel pubblico forse convinto di vedere qualcosa di storicamente attendibile. Per confermare che è tutto o quasi inventato, basterà dire che la moglie di Paisley – che nel film avrebbe dovuto raggiungere l’Irlanda per l’anniversario di matrimonio – e il figlio erano in verità sullo stesso suo volo.
TRAMA
Dopo troppi anni di “troubles” due importanti leader politici dell’Irlanda del Nord, il predicatore protestante Ian Paisley e il repubblicano Martin Mcguinness, si incontrano a St. Andrews, in Scozia, per discutere uno storico accordo di pace. Quando le trattative si trovano in una situazione di stallo, i due nemici giurati sono costretti per una bufera che ha bloccato la Scozia a intraprendere un viaggio in macchina insieme, che sarà segnato da vari imprevisti imprevisti.
di Furio Fossati