I vicerè

i_vicere

i_vicereCapolavoro maledetto della nostra letteratura, I Vicerè di Federico De Roberto approda finalmente sul grande (e presto anche sul piccolo) schermo nell’adattamento di Roberto Faenza: l’operazione è interessante, magari solo in parte riuscita ma comunque a suo modo meritoria. I Vicerè, storia a forti e fosche tinte di una famiglia siciliana, è un grande romanzo che a lungo è stato condannato all’oblio e solo di rado ha trovato posto fra le letture scolastiche. Troppo spregiudicato, corrusco, anticlericale e perturbante è il messaggio di De Roberto, specie se confrontato con il rasserenante inno alla Provvidenza dei Promessi Sposi di Manzoni.
Gli Uzeda, dinasta di origine spagnola, sono ricchi, potenti, spietati, allevati nell’odio. Fuggono da Catania quando arriva Garibaldi, ma poi sanno come tessere alleanze con il nuovo Stato italiano. Il capofamiglia Giacomo (un eccellente, misuratissimo Lando Buzzanca) manovra con successo per mettere le mani su tutta l’eredità materna, rimane opportunamente vedovo, si guadagna l’ostilità del figlio Consalvo, condanna all’infelicità la figlia Teresa. Finirà male i suoi giorni, rifiutando i medici e affidandosi agli esorcismi. Consalvo, spregiudicato e (in teoria) progressista fa carriera in Parlamento.

Il film di Faenza è impaginato con eleganza, tra fastose scenografie e impeccabili costumi (firmati dal premio Oscar Milena Canonero), la vicenda si dipana con linearità persino eccessiva: la visione è piacevole, didatticamente interessante (perfetta la visione per le scuole), ma il film fa troppe concessioni alla sua destinazione televisiva e perde per strada molta della carica sulfurea e sensuale del romanzo originale. La folla di personaggi che sta attorno a Giacomo e Consalvo Uzeda – fatta di monaci libertini, maggiordomi infedeli, nobildonne infelici che conservano sotto spirito i propri disgraziati feti nati morti – è raffigurata in modo un po’ incolore. Forzato poi risulta il tentativo di raccontare la parabola politica degli Uzeda e in particolare di Consalvo come una metafora dell’Italia di oggi.
Ma alcuni aspetti degni di nota nei Vicerè ci sono: l’amore e il coinvolgimento con cui sono descritti alcuni personaggi (oltre al crudele Giacomo, spiccano Consalvo, ottimamente interpretato da Alessandro Preziosi; lo sfortunato Giovannino, ben reso da Guido Caprino; il maggiordomo Baldassarre, bravo Biagio Pelligra), la rappresentazione delle infernali dinamiche familiari, alcune scene di massa. Il ballo nuziale è girato nella Villa Chigi di Ariccia che fece da sfondo al Gattopardo di Visconti. Solo coincidenze?


di Anna Parodi
Condividi

di Anna Parodi
Condividi