Vermiglio
La recensione di Vermiglio, di Maura Delpero, designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI.
Vermiglio, di Maura Delpero, distribuito da Lucky Red, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:
«Un film di silenzi e di sguardi, dove l’ascolto è l’imprescindibile regola del gioco. Maura Delpero si focalizza, in una tessitura corale che ricorda da vicino un grande autore come Ermanno Olmi, sulle identità femminili in stretta relazione con il corpo e con le sue trasformazioni. Tutto questo all’interno di un territorio arduo, quello della montagna nella Val di Sole, protagonista nello scorrere delle stagioni e del tempo e nell’uso sapiente del dialetto».
La recensione
di Gianlorenzo Franzì
Nel 1944, ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale, un giovane soldato siciliano, Pietro, porta Attilio, un suo compagno ferito, fino ala sua casa in montagna. Pietro è il nuovo arrivato in paese ed ovviamente è al centro dei pettegolezzi, ma resta in disparte finché non intraprende una relazione con Lucia, la figlia più grande del severo ed eccentrico maestro del villaggio, Vermiglio. Si sposano e vanno via, e gli equilibri si incrinano: le sorelle di Lucia, Livia e Ada, sentono la mancanza della giovane sposa, che arrivata in Sicilia scoprirà un segreto che le cambierà la vita.
Come passa il tempo nell’attesa di un ritorno? È questo il nucleo emotivo di Vermiglio, Gran Premio della Giuria con il Leone d’Argento a Venezia 2024, storia di una comunità del nostro recente passato dove vive una famiglia sul finire della Seconda Guerra Mondiale, che accoglie un soldato in fuga e paradossalmente perde la pace proprio quando nel mondo finisce la guerra. E proprio la guerra è in Vermiglio un’entità astratta che non si vede mai né si percepisce, resta in fuori campo ma pende sulle vite di tutti in modo inesorabile: lo sguardo lucidissimo della bravissima Maura Delpero si sposta in un gruppo ristretto di persone riuscendo nella difficile impresa di tenere per le quasi due ore del film una tenuta anti-spettacolare e anti-climatica, ma intridendo la sua storia di un piccolo mondo antico che non si fa mai patetico, mai banale, sempre reale ma di quella realtà che si fa poema esistenziale.
Inutile dire (ancora una volta) quanto è bravo Tommaso Ragno: ma tutto il cast si attiene alla temperatura emotiva che Delpero raggiunge con il suo sguardo, nel momento in cui frugando nel quotidiano più silenzioso e ordinario ne mostra la complessità, quando il desiderio lascia il posto alla necessità, quando i paesaggi diventano urgenti, e quando convergono le vite parallele degli uomini mentre riecheggiano i paesaggi e la campagna di Ermanno Olmi.
di Gianlorenzo Franzì