Dark Nuns

La recensione di Dark Nuns, di Jang Jae-hyun, a cura di Davide Magnisi.

La 27a edizione del Far East Film Festival apre la sua serata inaugurale con un horror esorcistico sudcoreano al femminile

Dark Nuns è uno spin off, più che un sequel, di The Priest, horror sudcoreano del 2015 di Jang Jae-hyun (del quale si è visto lo scorso anno al Far East Film Festival Exhuma). Dietro al macchina da presa questa volta c’è Kwon Hyeok-jae, al suo terzo lungometraggio, dopo il poliziesco Troubleshooter (2010) e il drammatico Count (2023).

Dark Nuns comincia subito con un ragazzo indemoniato e un’anticonvenzionale suora, Giunia, che si propone per un esorcismo. Lei capace di sentire gli spiriti maligni ovunque si annidino e addestrata dal reverendo Kim di The Priesta scacciarli dai poveri corpi posseduti. Il demone, tuttavia, non abbandona il ragazzo, che finisce ricoverato in un ospedale cattolico e affidato alle cure di Padre Paolo, un medico che ritiene l’esorcismo un retaggio di un lontano barbarico passato della Chiesa, in questo appoggiato dalle gerarchie ecclesiastiche locali. Padre Paolo vorrebbe curarlo con gli strumenti della moderna psichiatria, ma la situazione precipita. Suor Giunia si fa aiutare dall’assistente del medico, anch’essa una dottoressa/suora. Inizialmente è riluttante, ma la presenza demoniaca risveglia in lei antichi traumi infantili, incubi di compagne suicide e diavoli in forma di caproni. Si decide così ad aiutarla, insieme a una coppia di sciamani, in un disperato tentativo di salvare il ragazzo. Una lotta tra la fede, Dio, i dubbi scientifici e l’arcaica ombra demoniaca che permane nelle nostre esistenze.

Tutto il fascino della grazia e della sua antitesi blasfema diabolica dell’iconografia cattolica è presente in Dark Nuns. Esorcismi, madonne, croci e diavoli sono dominati dalla bellissima suor Giunia, in un casting che distrae per avvenenza (sempre casta, non siamo in Italia).

L’orrore clericale viene da lontano, sin dalle origini del romanzo gotico settecentesco. A Hollywood ha trovato un suo sottogenere nel filone esorcistico, ormai definito, più di cinquant’anni fa, dal cult di William Friedkin L’esorcista (1973). Da allora, sul grande e piccolo schermo, se ne sono succeduti decine e decine. Lo stesso Dark Nuns segue abbastanza prevedibilmente il sentiero battuto, rischiando di diventare, alla fine, ripetitivo.

C’è, però, qualche elemento di originalità. In primo luogo, che a esercitare l’esorcismo siano delle suore. E qui, al di là del lato spettacolare, Dark Nuns si esercita in una critica del patriarcato all’interno della Chiesa cattolica. In diverse scene, infatti, i benevoli tentativi della protagonista sono criticati o bloccati dalla singola o, in congresso, controparte maschile. Più teologicamente, la questione investe la fede personale e i dogmi all’interno dell’organizzazione ecclesiastica.

Il ritratto di suor Giunia è di una forza granitica nelle sue convinzioni, senza paura nell’affrontare il maligno soprannaturale così come i maschilisti dettami della Chiesa. Anche il suo modo di usare l’acqua santa, rovesciandone taniche sull’indemoniato, invece della solita benedizione, rivela il suo carattere anticonvenzionale, ricordando certi spiriti ribelli della storia, dentro e fuori la Chiesa. Narrativamente, il suo personaggio si confronta con l’altra suora protagonista, la più misurata Michaela, scettica all’inizio, oscillando tra l’adesione all’elemento soprannaturale di suor Giunia e il razionalismo medico di Padre Paolo. Quest’ultimo rappresenta la componente più logica all’interno del film, una specie di contrappeso all’abbandono dell’elemento diabolico, finché egli stesso deve rinunciare a ogni rigidità istituzionale e razionale di fronte all’irrompere violento del demoniaco nella sua stessa esperienza individuale.

Se The Priest era molto più canonico da questo punto di vista, in Dark Nuns la componente maschile è di contorno, ribaltando i ruoli. Tanto che lo stesso soggetto posseduto è un ragazzo, dopo tante vittime sacrificali al femminile (a cominciare proprio da L’esorcista). Un altro elemento all’interno di questo discorso, è la dolorosa malattia di suor Giunia, un tumore all’utero, che sarà lo spazio personale in cui nel finale conterrà lo spirito maligno.

Dark Nuns non è, comunque, il primo film che presenta una suora esorcista. Si possono infatti citare l’inglese I Don’t Want to be Born (1975, Peter Sasdy), l’italiano Malabimba (1979, Andrea Bianchi) e, soprattutto, l’americano Gli occhi del diavolo (Prey for the Devil, 2022, Daniel Stamm), che più può assomigliare a Dark Nuns per certa centralità di contrasto femminile all’interno della gerarchia ecclesiastica.

Un altro elemento originale di Dark Nuns è il sorprendente sincretismo religioso. Suor Giunia, infatti, chiede l’aiuto di una coppia di sciamani (una donna e un uomo, per non parlare dei tarocchi e dell’intervento da Roma di preziosissime reliquie cristiane da parte dei Rosacroce) per esercitare il rito esorcista, in uno sforzo comune delle religioni per salvare la vita del ragazzo. Due poteri che si uniscono senza alcun senso di competizione per scacciare insieme il maligno: lo sciamanesimo buddista, proprio della tradizione indigena coreana, e il cattolicesimo esogeno romano. Qualcosa del genere aveva già provato in salsa americana David Gordon Green nel suo pasticciato tentativo di sequel L’esorcista – Il credente (The Exorcist: Believer, 2023). Alla fine, però, al di là di quest’ulteriore dimostrazione d’apertura riguardo la religione, si tratta di vani tentativi per rivitalizzare qualcosa di stravisto.

Molto definito e suggestivo l’utilizzo degli spazi: corridoi d’ospedale vuoti, remoti monasteri, strutture industriali abbandonate; luoghi via via sempre più desolati, come l’anima delle persone, in cui l’elemento demoniaco soprannaturale sembra avere più possibilità d’esprimersi, in uno stile visivo e narrativo che combina modernità e spirito retrò.

Al di là di tutti questi elementi e intenzioni, però, Dark Nuns gira continuamente su se stesso, con una sceneggiatura confusa e ripetitiva. Come film horror non funziona e la storia delle due suore appare più interessante e preponderante rispetto alla componente orrorifica spaventosa.

Punto di forza del film sono sicuramente le interpretazioni attoriali, tutte di buon livello. Protagonista assoluta una magnetica Song Hye-kyo nei panni di suor Giunia, brillante, inarrestabile, sin dalla prima scena, con sigaretta in bocca, sguardo duro e seduttivo, fisico da modella, ma con il velo e una tanica d’acqua santa da rovesciare sull’indemoniato che la insulta in ogni modo. Notevole anche Jeon Yeo-Been, sensibile nel tratteggiare i tormenti di suor Michaela. La chimica tra le due protagoniste è l’elemento migliore dl film. Tutte giuste le interpretazioni maschili, più di contorno; menzione speciale per il raggelante Moon Woo-jin, il ragazzo posseduto, che oscilla tra una pietosa condizione catatonica di malato ospedaliero e l’insinuante malevolenza dello spirito indemoniato.

Molto curato l’aspetto visivo, con atmosfere che evocano i classici degli anni ‘70, scelte cromatiche che seguono e plasmano il tono narrativo. Un dialogo tra luce e oscurità, calma e caos, colori tenui interrotti da contrasti più forti per sottolineare il tumulto interiore e gli strappi della diegesi. Interessante anche il tessuto sonoro, con tutti gli effettacci del caso per i momenti più drammatici. Musicalmente un’orchestra d’archi si accompagna a un sommesso corale di voci dal sapore antico, quasi un basso continuo, tanto che i momenti di silenzio diventano come un ulteriore personaggio, la cui mutezza incute ansia. Meno efficace, invece, tutto il roboante sonoro diegetico, sia musicale che rumori di scena.

Dark Nuns rievoca un tema narrativo originario, quello della lotta del Bene contro il Male, dello spirito umano, accompagnato dal divino, contrapposto alle forme e le forze inesplicabili del demoniaco nella natura del mondo. In questo caso, due suore contro tutti, all’interno di un momento storico di affermazione della figura femminile, dopo secoli di subalternità in ogni ruolo e in ogni ambito, da quello religioso a quello cinematografico. Dark Nuns, però, mostra continuamente un potenziale, in ogni suo aspetto, che rimane sostanzialmente irrisolto e frustrato.


di Davide Magnisi
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