Cantando dietro i paraventi

cantando dietro i paraventi

cantando dietro i paraventiCantando dietro i paraventi di Ermanno Olmi è un’opera senz’altro suggestiva e impeccabile, sotto tutti i punti di vista. La bellezza regna sovrana in ogni inquadratura, i dialoghi sono poetici e, spesso, ricchi di ironia e saggezza senza tempo.
La natura è rappresentata con così tanta sensibilità e gusto da sembrare, essa stessa, protagonista, con la sua logica superiore e immutabile, accanto ai caduchi esseri umani.

Ciò nonostante, a parte la sequenza degli aquiloni, il film non riesce ad emozionare davvero lo spettatore: dipende, probabilmente, dalla struttura narrativa scelta da Olmi che crea, fisiologicamente, una sorta di distanza emotiva tra chi guarda e chi è guardato.
La vicenda esemplare della vedova Ching non è, infatti, mostrata direttamente ma attraverso una serie di filtri: Olmi affida ad un inedito Bud Spencer il compito di narratore e quasi regista della rappresentazione. Si assiste, così, su una nave che è anche palcoscenico, a buona parte della messa in scena: in definitiva, Cantando dietro i paraventi assomiglia più ad uno spettacolo teatrale che non ad un film in senso stretto. A ciò si aggiunga anche la trovata della cornice iniziale che provoca un ulteriore effetto di straniamento quasi brechtiano: tutta la storia è portata sul palcoscenico/schermo per un casuale spettatore confuso e meravigliato. Il minore coinvolgimento emotivo, causato dal dispositivo adottato, insieme alla bellezza perfetta – forse troppo – di ogni immagine, nulla toglie al messaggio veicolato: perché combattere? Il perdono è più forte della legge.

Il perdono non deve, però, essere resa totale o assenza di presa di coscienza: prima di smettere i panni di pirata e di deporre la spada, la vedova Ching pronuncia un lucido discorso, di grande verità e attualità, sulle proprie responsabilità e sulla finta legalità altrui. Ancora una volta, dunque, Olmi, come tutti i veri artisti, guarda al passato per parlare del presente: dietro i costumi d’epoca, le navi, le armi, sono facilmente riconoscibili riferimenti alla realtà di oggi. E di ogni tempo. – Se hai due soldi, uno spendilo per il pane, con l’altro compra giacinti per il tuo spirito – ammonisce l’imperatore: un insegnamento valido per ogni uomo di ogni epoca e luogo, per l’intera umanità.

(Mariella Cruciani)

Olmi: la poetica dell’impercettibile

di Daniela Guastella

Quello di Olmi è un cinema degli elementi, una poetica dell’impercettibile, la pianura, l’erba, il mare, la pioggia, la foschia, la nebbia, il vento, l’aria, la luce, l’atmosfera. L’impercettibile s’annida nel cuore del visibile stesso, lì lo sguardo lo sente, lì accade quest’evento, nella durata dello sguardo sulle cose: la natività stessa dell’immagine, la sua densità ontologica. Con la sospensione del movimento e del luogo- tra memoria e sogno, tra storia e leggenda o favola- e la dilatazione del tempo e dello spazio ottico-sonori, Olmi opera una condensazione delle intensità, “è la natura a parlarci, le cose stesse”.

I personaggi sono anch’essi presi all’interno dei loro ruoli, più che attraversare il mondo ne sono attraversati, anche se si tratta di personalità eccellenti, come Giovanni De’ Medici o la vedova Ching. Le immagini più significative di questo attraversamento immobile, di questa sottile, silenziosa ed impercettibile transizione, sono la coltre nebbiosa de Il mestiere delle armi, le imponenti imbarcazioni piratesche ed imperiali ferme in mare di Cantando dietro i paraventi, o gli aquiloni, il mare stesso (elemento topico del cinema)- è la m.d.p. ad attraversare queste immagini immobili oppure è essa stessa a fermarsi, nelle frequenti sovrimpressioni e dissolvenze, per lasciare che le immagini si attraversino al suo interno. Anche il progresso tecnico, “la modernità”, sempre di origine militare, fa il suo ingresso in silenzio, o meglio è un evento che rompe il silenzio e si propaga nella natura come il segno di qualcosa di estraneo: di umano, la nuova arma, il cannone che sconfigge sia Giovanni dalle Bande Nere che la piratessa Ching, strumento di quelle guerre che “cambiano il mondo”.
Filmare lo spirito della storia, tentare una storiografia dello spirito, attraverso l’operazione maieutica di uno sguardo che vuole registrare la durata, a scapito della successione, a scapito dell’azione, i movimenti interni al piano fisso, a scapito del montaggio, o quelli interni ad un soggetto immobile sondato da lunghi piani-sequenza, un cinema d’osservazione profonda che attende religiosamente, con speranza e fede, l’istante della rivelazione dell’immagine, dello spirito dell’immagine, dell’infinito nel finito… In questo senso Olmi è poeta del vago, dell’indefinito, ma, come ricorda Calvino, “il poeta del vago può essere solo il poeta della precisione, che sa cogliere la sensazione più sottile con occhio, orecchio, mano pronti e sicuri”. L’azione è sempre sospesa, come il fronteggiarsi delle truppe ne Il mestiere delle armi o dei galeoni in Cantando dietro i paraventi, le battaglie e la guerra sono filmate senza agitazione, con suoni attutiti, immagini rallentate, spesso a distanza, anche gli stessi protagonisti, uomini e donne d’armi, sono colti nel momento della disfatta, di fronte allo specchio di una sconfitta innanzitutto spirituale, ma è proprio in questa attesa che tutto accade, in questa sospensione anche la pioggia sul mare assume carattere di ‘rivelazione’, così come un colpo di cannone, gli aquiloni nel cielo o il messaggio di pace che portano scritto addosso.

(Daniele Guastella)


di Mariella Cruciani
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