Prima della rivoluzione – I meravigliosi anni ’60 del cinema italiano
Al via la rassegna organizzata dal Gruppo Marche dell'SNCCI.

La rassegna “Prima della rivoluzione – I meravigliosi anni ’60 del cinema italiano” (dal 2 al 10 Maggio alla Sala degli Artisti di Fermo e al Teatro Nuovo di Capodarco organizzata dal Gruppo Marche del SNCCI dal libro di critica omonimo) non vuol parlare di Cinema, ma parlare di Cinema tout court, così da comporre un racconto per immagini.
Il racconto di un “nuovo Cinema” o un “Cinema nuovo” dato che va a intaccare profondamente non solo le teoriche, ma le pratiche espressive del mezzo e delle sue componenti metodologiche e tecniche (inquadratura, punto di vista, movimenti,campi e piani, montaggio e découpage, cui corrispondono macchine da presa più leggere e maneggevoli, emulsioni più sensibili, ottiche più luminose e versatili) -, prima della ineluttabile e fatale Rivoluzione, velleitario, talvolta, libertario, quasi sempre, improvvisatore, scomodo per gli argomenti che tratta e per come li tratta, sovvertitore e insultante, nudo nel senso di “smascherato” come il Re della fiaba, impulsivo, autenticamente antagonista per partito preso e, nelle sue più valorose avanguardie, militante e movimentista.
Una schiera di registi-autori (i due termini sono indissolubilmente correlati ed equivalenti, almeno dai tempi del neorealismo e lo saranno sempre di più in avvenire) e opere che non hanno paura di esprimersi in modo schietto e polemico anche verso di sé, in quanto testimoni e spie di un’età e della sua progenie, a scontrarsi con la forma mentis predominante, lanciare messaggi minatori e strali ingiuriosi, scandalizzare, sperimentare, fare film per strada, con gli amici (che talora sono pure colleghi, scrittori, poeti, intellettuali), con la cinepresa in spalla, super8 o 16mm, portando alla ribalta problematiche dell’essere e del suo agire, individuale e collettivo rese esemplari e universali dalla loro stessa uni(vo)cità, in certi casi, declinate per eccesso fino a un inevitabile, spesso, cupio dissolvi autodistruttivo.
Con personaggi e vicende della vita quotidiana (o specchio della quotidianità) che, in un processo di graduale e costante scarnificazione dei loro connotati ordinari e comuni, di tutti i giorni in ogni dove (un giovane studente di provincia che sogna rivoluzioni, un figlio sull’orlo d’una crisi di nervi, un sottoproletario romano, un sindacalista comunista, un operaio del Meridione, un ricco borghese dell’élite capitolina e così via), assumono le proporzioni di simboli, allegorie delle forti turbolenze psichiche e sociali in egual maniera, d’una intera discendenza, prossima a divampare.

di Redazione