“La dolce vita di Marcello Mastroianni” alla Galleria Manoni 2.0 a Forlì
Michela Manente racconta la mostra per il centenario della nascita del divo dalla perfetta faccia qualsiasi.
Su cartoncini forex sono state riprodotte, per la mostra del centenario della nascita (1924-2024) le locandine di molti film interpretati dal “divo” nazionale Marcello Mastroianni. L’esibizione (1-15 ottobre Galleria Manoni 2.0, in corso Garibaldi 55/A a Forlì, inaugurata all’interno del 21esimo Sedicicorto international Film festival) riproduce scene di vita, espone collage di foto su temi specifici (ad esempio Mastroianni e le biciclette), memorabilia, cartoline autografare e riviste nel periodo tra il 1950 e il 1996, in tutto una cinquantina di pezzi per apprezzare l’icona senza tempo di La dolce vita.
Mastroianni fumava, amava le auto (le Lancia Pininfarina), i vestiti made in Italy, gli occhiali (i Ray-ban neri modello Wayfarer e i Persol 649), il Borsalino di feltro scuro e… le donne. L’attore aveva già fatto la gavetta a teatro e aveva lavorato sul set, tra gli altri, con Blasetti, Emmer, Visconti e Monicelli, prima di essere “consacrato” da Fellini che lo preferì, per quella perfetta faccia qualsiasi, a Paul Newman per interpretare il protagonista del suo già citato capolavoro, litigando con il produttore De Laurentiis per questa scelta ma soprattutto per il soggetto spietato del film, di rottura con il neorealismo verso derive oniriche.
La dolce vita uscì il 3 febbraio 1960 e fu subito… un flop, accolto da una gelida indifferenza italiana di critica. Si rivelò invece un successo su scala mondiale per il pubblico. Nacque il mito di Mastroianni latin lover, emblema dello stile italiano per eleganza e ironia: “Un attore fa di tutto per diventate celebre e poi, quando ci riesce, si mette un paio di occhiali scuri per non farsi riconoscere” (Marcello Mastroianni).
La mostra è disponibile fino a fine anno in versione on line sul blog mostraladolcevita.blogspot.com, dove saranno fruibili contenuti extra, con video e curiosità sul film.
di Michela Manente