Il cinema che cambia: il caso Genova
L'incontro ha lo scopo di analizzare le conseguenze dei cambiamenti di questi ultimi anni nelle modalità del consumo cinematografico.

Organizzato dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici italiani, in collaborazione con il proprio Gruppo Ligure, lo scorso 18 dicembre si è svolto a Genova, presso il Palazzo Ducale, un Incontro dal titolo Il cinema che cambia: il caso Genova.
L’iniziativa, come ha detto Bruno Torri nell’intervento introduttivo, aveva lo scopo di analizzare, prendendo a campione una città come il capoluogo ligure, i cambiamenti che si sono verificati in questi ultimi anni nel settore dell’esercizio a seguito, principalmente, della costruzione di multiplex, con ulteriori, conseguenti cambiamenti nelle modalità del consumo cinematografico. Mettendo a confronto le opinioni di esercenti, organizzatori culturali e critici cinematografici, ha proseguito Torri, si può forse rispondere, in maniera più precisa e documentata, alle seguenti domande: la politica liberistica che ha consentito l’apertura di multisale e di multiplex, mentre se da un lato ha comportato un notevole, e positivo, aumento degli schermi, dall’altro lato non ha finito per danneggiare i monolocali situati nei centri cittadini e in periferia provocando un danno al tessuto urbano e agli stessi abitanti spesso privati del “cinema sotto casa”? Il nuovo assetto strutturale delle sale cinematografiche non ha modificato l’offerta filmica (e quindi il consumo filmico) soltanto a vantaggio dei blockbuster hollywoodiani e di pochissimi prodotti commerciali italiani? Nella nuova situazione dell’esercizio, la cultura filmica e in particolare i film più avanzati artisticamente (che spesso sono considerati aprioristicamente più “difficili”) trovano maggiori o minori spazi diffusivi? E le attività dei cineclub, dei circoli del cinema e delle altre forme organizzative e associative del pubblico operanti ai margini o esternamente al mercato vedono ora accrescere le loro difficoltà operative?
A queste domande, e sollevandone altre, hanno risposto, in modi sostanzialmente convergenti, Riccardo Speciale, Sandro Giacobbe, Giancarlo Giraud, Piero Pruzzo, Umberto Rossi e Aldo Viganò, i quali, con le loro relazioni, non solo hanno messo a fuoco “il caso Genova”, ma hanno anche aperto il discorso a considerazioni di ordine più generale. Ne è risultato che la realtà cinematografica genovese, pur manifestando alcuni tratti distintivi, il più rilevante dei quali è l’ubicazione dei due cineplex locali praticamente nel centro della città, presenta caratteristiche analoghe a quelle di molte altre città italiane.
Anche a Genova, infatti, all’aumento degli schermi non è corrisposto un aumento significativo degli spettatori; anche a Genova molti locali di prima visione, sia centrali che periferici, hanno dovuto chiudere; anche a Genova i multiplex sono frequentati da un pubblico composto principalmente da giovani e giovanissimi e non programmano film di qualità, a meno che non siano dotati anche di una grandissima spettacolarità. A Genova, inoltre, e anche questo aspetto si può probabilmente riscontrare nelle altre maggiori città italiane, le monosale del centro tendono a migliorare il livello qualitativo dell’offerta filmica, e ciò ha determinato positivamente un recupero di spettatori non più giovani; peraltro, proprio questo nuovo orientamento, condiziona l’attività degli organismi che operano nel cosiddetto “circuito parallelo”, in quanto riduce la disponibilità dei film utilizzabili per le loro programmazioni: non a caso anche a Genova, e nelle sue delegazioni, è diminuito il numero dei cineclub, così come quello delle sale d’essai vere e proprie.
Tra le questioni trattate dalle relazioni e dalla successiva discussione è emerso, tra l’altro, che manca tuttora un rapporto più organico tra la distribuzione e l’esercizio per meglio pianificare le “uscite” e per differenziare maggiormente l’offerta filmica. Carente è risultata anche la politica cinematografia degli Enti Locali, che non hanno saputo salvaguardare e impiegare a fini pubblici (culturali) i locali cinematografici di loro proprietà, e che neppure hanno voluto o saputo finanziare adeguatamente i progetti cinematografici a carattere promozionale (culturale) che venivano loro presentati: e anche questo è un dato che accomuna Genova a tante altre realtà cittadine. Nel mercato cinematografico genovese, insomma, si ritrovano i nuovi problemi, le anomalie, le “chiusure” e altri aspetti che caratterizzano l’esercizio a livello nazionale, per il cui miglioramento quantitativo e qualitativo appaiono indispensabili anche provvedimenti politici tesi a favorire “la libera circolazione delle opere cinematografiche”.
di Mario Fortezza