O luna in Thailanda (A Month in Thailand / Un mese in Thailandia)

Radu e Adina, una giovane coppia di laureati, si prepara a vivere l’ultimo giorno dell’anno dopo aver fatto l’amore. Mentre lei, innamoratissima, non vede l’ora di trasferirsi definitivamente a casa di Radu, lui nutre non poche riserve sulla relazione e quando si imbatte, o crede di imbattersi, nella sua ex Nadia, mentre fa acquisti all’ipermercato, la sua insofferenza diventa palpabile.

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Ha una struttura circolare che si spende nelle ventiquattro ore di un passaggio dal vecchio al nuovo anno il primo film da regista di questo giovane e molto premiato cortista romeno. Ma non c’è alcun rinnovamento, alcuna discontinuità e, probabilmente, neppure un barlume di presa di coscienza, nella vicenda esistenziale del trentenne Radu, che passa da una donna all’altra, da Adina a Nadia (e non a caso il nome dell’una è l’anagramma di quello dell’altra), lasciando la prima intorno alla mezzanotte e tornando dall’altra, la sua ex abbandonata più o meno con le stesse modalità qualche mese prima e ormai fantasmatizzata, idealizzata nell’assenza. Confusione sentimentale tipica dei nostri tempi di precarietà, si dirà, e tuttavia, nonostante le apparenze, Un mese in Thailandia non è la solita commedia generazionale sull’indecisione e l’indeterminatezza di chi sta entrando nel mondo adulto, storia già raccontata specialmente dal cinema americano e francese, a cui soprattutto guarda  Negoescu. La vicenda di Radu e dei suoi amici, che la macchina da presa segue da un locale all’altro nella notte movimentata di Bucarest, finisce per dirci molto sull’identità in bilico di un paese sempre più omologato agli standard europei eppure ancora “innamorato” del suo passato o comunque non convinto a “sposare” la modernità tout court, specialmente se quella modernità ha già mostrato il suo volto consumistico e globalizzato. Così i frammenti classici del discorso amoroso (distanza versus vicinanza, individualismo messo a repentaglio dalle scelte di vita a due, routine che spegne il desiderio) valgono a descrivere questa nuova generazione che, dopo un Erasmus o una borsa di studio all’estero (il non poter viaggiare, una delle più gravi restrizioni alla libertà personale dei tempi di Ceausescu, viene ribaltato con una certa amara ironia nell’imperativo di andare comunque e a qualsiasi condizione ma senza una precisa direzione), dovrà scegliere, rinunciare, definire e circoscrivere, trovare la propria collocazione nel paesaggio urbano.

(Cristiana Paternò)

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Paul Negoescu, sceneggiatore e regista, dopo la formazione presso l’università Caragiale di Bucarest, ha realizzato numerosi cortometraggi selezionati in festival. Con Horizon ha partecipato quest’anno al Festival di Cannes nell’ambito della Semaine de la Critique; Derby, presentato alla Berlinale Shorts, è stato candidato all’Oscar europeo nel 2011, mentre nel 2009 è stato scelto sempre agli EFA per il corto Renovation. E’ attivo anche come produttore ed è direttore artistico del Timishort Film Festival.

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NOTE CRITICHE di Mariella Cruciani

“La maggior parte dei film romeni mostrano la Romania comunista, io volevo, invece, mostrare la Romania in cui vivo io, con tutte le classi sociali”. Ha esordito in questo modo Paul Negoescu per presentare il suo debutto nel lungometraggio: O luna in Thailanda.

La sua opera prima si apre, infatti, con un’immagine di Bucarest che potrebbe benissimo essere Parigi o New York. Il film del  regista romeno è una sorta di radiografia di una città emergente e dello smarrimento di una generazione di giovani adulti benestanti. Radu (Andrei Mateiu), il trentenne protagonista della pellicola, nella notte di Capodanno decide di lasciare la fidanzata Adina (Ioana Anastasia Anton) per andare alla ricerca della sua ex, Nadia (Sinziana Nicola), della quale si dice ancora innamorato. In realtà, questo giovane uomo sembra inseguire confusamente un’immagine idealizzata di rapporto, senza essere capace di viverlo concretamente. Il suo passare da una ragazza all’altra, proponendo ad entrambe lo stesso viaggio in Thailandia, è il sintomo della ricerca affannosa di una relazione in cui l’oggetto conta fino ad un certo punto.

Il personaggio di Radu, a caccia di un cambiamento che non muti nulla, potrebbe essere interpretato come la metafora di un paese, la Romania, sospeso tra l’attrazione per il passato e l’innamoramento per la modernità. Negoescu, però, ha affermato con forza che il suo non è un film politico ma una commedia sui sentimenti. Ha, poi, ammesso che la modernità, in Romania come altrove, porta con sé un rischio di consumismo anche in campo sentimentale: “Il consumismo permette di scegliere… Le persone finiscono per concentrarsi solo su chi amare e non su come farlo!”. E ha concluso: “Il mio protagonista vive nel passato ma non c’è un’interpretazione politica: Radu non rimpiange il passato della Romania, se mai riflette sul proprio passato, su se stesso, sugli errori fatti…”. Il film guarda, dunque, piuttosto che al cinema romeno degli ultimi anni, ad un cinema come quello di Rohmer (“Sia io che il co-sceneggiatore abbiamo pensato a lui e  alle sue opere”), pronto a cogliere e a registrare, con sensibilità e attenzione,  tutte le sfumature e le contraddizioni del sentimento amoroso.

(Mariella Cruciani)


di Redazione
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