No quiero dormir sola (She Doesn’t Want to Sleep Alone / Non voglio dormir sola)

Amanda vive in un appartamento messole a disposizione dal padre, un famoso attore con il quale ha un pessimo rapporto. Nonostante sia cresciuta nel benessere, non ha un lavoro fisso e sembra essere allo sbando. Ai problemi reali se ne aggiunge uno di natura psicologica, non riesce a dormire da sola. Di volta in volta le fa compagnia un ragazzo diverso che lei cerca di notte ma la cui presenza sente come un peso il mattino seguente. L’equilibrio già fragile della vita di Amanda viene ulteriormente messo alla prova quando è obbligata a farsi carico della nonna alcolizzata e in preda all’Alzheimer, anche lei nel passato attrice di successo. Da quel momento comincia un lento avvicinamento tra nonna e nipote che porterà alla scoperta dei rispettivi universi umani e affettivi.
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“No quiero dormir sola”: un’esplicita dichiarazione di debolezza che è immediata metafora del senso di incompletezza che affligge Amanda, una delle protagoniste del canto a due voci messo in scena da Natalia Beristain. Non che la nonna Dolores viva meglio lo stato di attrice dimenticata dipendente dal bere e persa nelle nebbie di una progressiva perdita di lucidità. Amanda e Dolores sono infatti entrambe creature che stanno perdendo il contatto con la realtà, l’una incapace di aprire le braccia alla vita, l’altra in grado di sopravvivere ai ricordi solo affogandoli nell’alcol. Il loro è un incontro forzato, complice l’assenza dell’uomo di famiglia, un uomo narcisista così preso dal successo da non saper essere né padre né figlio ma che in compenso crede di sistemare ogni cosa sostituendo l’affetto con i soldi. Invece Amanda e Dolores hanno bisogno di altro, hanno bisogno di amore. Peccato che tra di loro non si amino, anzi si detestino a sufficienza da rinfacciarsi a vicenda colpe e difetti. Amanda e Dolores hanno però un’arma a loro vantaggio, sanno ascoltare il proprio cuore. Così piano piano, costrette per la prima volta a essere vicine, decidono di studiarsi a vicenda. E finalmente si scoprono. Uno scoprirsi mostrato dalla regista in senso letterale, focalizzando l’attenzione sui corpi: quello giovane di Amanda, quello devastato dalla vecchiaia di Dolores. Gambe, braccia, seni nudi che per una volta raccontano di esistenze presenti o lontane né più né meno dei volti delle protagoniste, le intense Mariana Gajá e Adriana Roel. Il corpo si fa dunque centro di una narrazione che ha per oggetto, oltre alla difficoltà di comunicare, quella delle donne di accettarsi nelle diverse stagioni della vita. Ma lontana dai luoghi comuni, Beristain ribalta lo schema e mostra Amanda molto più in preda alle ansie riguardo alla propria fisicità di quanto non faccia la nonna, che pure ha vissuto una stagione di grande bellezza come mostrano le immagini dei suoi vecchi film intravisti in televisione. Un continuo gioco di specchi che alla fine permette a nonna e nipote di vedersi e riconoscersi l’una nel corpo dell’altra, imparando a non avere paura di quello che sono. Un’opera prima di grande sensibilità e rigore stilistico.
(Angela Prudenzi)
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Natalia Beristain, laureata in regia cinematografia, ha diretto alcuni cortometraggi fra cui Peces plátano (2006), eletto miglior corto messicano al Festival di Morelia, e con cui partecipa anche alla Semaine de la Critique di Cannes. Nel 2008 fonda la sua casa di produzione, Chamaca Films.
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NOTE CRITICHE di Mariella Cruciani
Natalia Beristain, già ospite della Sic lo scorso anno come produttrice e sceneggiatrice di El lenguaje de los machetes di Kyzza Terrazas, firma questa volta come regista e sceneggiatrice un’opera prima densa di temi e caratterizzata da uno stile asciutto e teso.
No quiero dormir sola, costruito sull’incontro forzato di due personaggi femminili agli antipodi, è un film che si interroga, e ci interroga, sul passare del tempo (Dove risiede la vecchiaia? Nella pelle o nel cuore?), sulla bellezza, sui rapporti umani. “Volevo che il film riflettesse sull’idea di giovinezza nella società odierna, su che cosa significhi essere giovani in un contesto in cui la pubblicità , il cinema e la musica ci convincono che essere giovani sia tutto ciò che conta” – ha spiegato la regista messicana. Portando sullo schermo la storia di Amanda (Mariana Gajà), una giovane donna a disagio nella propria pelle, e di Dolores (Adriana Roel), un’anziana piena di rughe che ama il proprio corpo, l’autrice dimostra che non basta essere giovani per essere felici. Amanda ha paura di dormire sola e, per questo, ogni notte cerca un ragazzo diverso che, la mattina seguente, vive come un peso inutile. Sua nonna Dolores, alcolizzata e in preda all’Alzheimer, affoga nel bicchiere i ricordi di un passato di attrice di successo. Le due donne, diverse per età e per temperamento, sono legate da una figura assente: quella del padre di Amanda, il figlio di Dolores. Dell’uomo in questione, un famoso attore preso solo da se stesso, si parla per tre quarti del film ma, in realtà, non c’è mai: appare soltanto per compiere una sbrigativa e superficiale visita all’anziana madre.
A causa della mancanza dell’uomo di famiglia, Amanda e Dolores sperimenteranno, dopo il reciproco rifiuto iniziale, curiosità e attenzione fino a specchiarsi l’una nell’altra. Nonna e nipote cominciano con il rinfacciarsi a vicenda le rispettive fragilità (“Ubriacona!”, “Zitellona!”) ma, strada facendo, capiscono di avere entrambe lo stesso vitale bisogno: amare ed essere amate. Le brave attrici protagoniste raccontano , più con il corpo che con le parole, il percorso necessario, a tutte le età, per imparare a volersi bene e per provare a comunicare realmente con l’altro.
(Mariella Cruciani)
di Redazione