L’ordine del tempo
Le recensioni di L'ordine del tempo, di Liliana Cavani, a cura di Ignazio Senatore e Paola Dei.
La recensione
di Ignazio Senatore
Alla tredicesima regia, e dopo ventuno anni da Il gioco di Ripley, Liliana Cavani ritorna dietro la macchina da presa con L’ordine del tempo, presentato Fuori Concorso alla Mostra Internazionale dell’Arte Cinematografica di Venezia.
Un film corale, ambientato in una magnifica villa a Sabaudia, dove si ritrovano per i 50 anni di Elsa (Claudia Gerini), moglie di Pietro (Alessandro Gassmann), gli amici di sempre; Paola (Kseniya Rapoport) e il marito Viktor (Richard Sammel); Jacob (Fabrizio Rongione) e la moglie Greta (Valentina Cervi), Jasmine (Angeliqa Devi) e due fisici Giulia (Francesca Inaudi) e Enrico (Edoardo Leo).
Il clima festoso è rotto dalla notizia che un gigantesco asteroide, soprannominato Anaconda, sta viaggiando in un lampo contro la Terra. Enrico dapprima cela ai presenti la notizia poi, su loro insistenza, svela che se l’asteroide non dovesse cambiare rotta, come accadde per i dinosauri, determinerebbe la scomparsa del genere umano e delle specie animali.
Rimarrà deluso chi, dall’incipit del film, crede di trovarsi di fronte a un disaster movie, in stile stelle e strisce. Cavani abbandona le atmosfere struggenti, morbose e decadenti de Il portiere di notte, di Al di là del bene e del male e di Interno berlinese o quelle misticheggianti di Francesco, e impagina un film che Hitchcock definirebbe “fotografie di persone che parlano”. Disertati movimenti di macchina, la talentuosa regista di Carpi, di fatto, dirige un film verboso e, a tratti, cerebrale, che, come file rouge, ha l’effimero concetto del tempo.
Cavani s’ispira al saggio Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli, cita la tragedia di Alcesti di Euripide, mostra dei fotogrammi de La febbre dell’oro di Charlie Chaplin, eppure, ciononostante, il suo film non fa palpitare il cuore dello spettatore Le emozioni di Elsa, Pietro e dei loro amici sono fin troppo ovattate, e, anche se provano a fare un bilancio della propria vita e a lasciarsi andare a delle timide confessioni, il quadro che emerge è quello di un gruppo di ricchi e ipocriti borghesi che trascinano la loro esistenza tra inganni e bugie. Nulla a che vedere con la forza dirompente de Il giudizio universale di Vittorio De Sica (1961) dove i personaggi, pulsanti e vibranti, preso atto che la loro vita è agli sgoccioli per l’imminente Giudizio Universale, erano divorati da sentimenti veri, come rabbia, disperazione e un vagone di sensi di colpa.
Cavani inserisce la romantica love story tra Paola e Enrico (Leo e Rapaport sugli scudi), lascia che Elsa confessi il proprio amore per Giulia e Greta sveli al marito, psicoanalista, di aver sempre saputo della sua liason con un collega. Sul finire, infine, fa comparire un figlio segreto di Pietro e affida ad Angela Molina, nei panni di una clarissa, delle arzigogolate riflessioni sulla fede. Insomma, si ha l’impressione che la regista, nel mettere troppo carne a cuocere, abbia finito per bruciare l’arrosto. Emozionante, però, il video nel quale Leonard Cohen esegue il magnetico brano Dance me to the end of love.
La recensione di
Paola Dei
La regista emiliana che ha compiuto 90 anni nel gennaio 2023, dimostra come la creatività, se ben nutrita, possa partorire opere coraggiose a qualunque età. É questo il caso di Liliana Cavani, presente alla 80 Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia per ricevere un meritato Leone d’Oro alla Carriera e per presentare la sua ultima opera Fuori Concorso intitolata L’ordine del tempo. Un cast stellare con Claudia Gerini, Edoardo Leo, Alessandro Gassman, Francesca Inaudi, Valentina Cervi, Kseniya Rappoport, Valentina Cervi, Richatd Sammel, Fabrizio Rongione, Angelica Devi e Angela Molina per raccontare le vicende di un gruppo di amici di vecchia data che si ritrova per un breve periodo di vacanza in una villa sul mare ospitati da una delle coppie e dalla loro figlia.
Tratto dall’omonimo testo del fisico Carlo Rovelli, uscito nel 2017, il film è costruito intorno alla percezione umana del tempo, un dramma corale trattato come una piece teatrale che si svolge quasi interamente dentro alla villa. La domanda che viene posta fin dalle prime sequenze è incentrata su quale sarebbe la reazione di ognuno se un asteroide si abbattesse sulla terra. Se non ci fosse più tempo per tutto il resto. E qui inizia il lavoro eccellente di Cavani che studia ogni personaggio e ce lo restituisce con tutte le sue peculiarità in mezzo a momenti di suspence ben dosati che accomunano tutti nella paura. Le inquadrature sui personaggi mentre reagiscono alla notizia dell’asteroide, ci permettono di conoscerli non solo fisicamente ma anche interiormente.
In questa atmosfera, Liliana Cavani crea un tutt’uno armonico fra la fotografia, le musiche e la sceneggiatura con un effetto delicatamente nostalgico e suadente. Il film non ha lo spirito graffiante de Il portiere di notte o di Interno Berlinese, ma mostra una rara lucidità di pensiero che ci fa riflettere sulle cose che contano veramente nella vita; l’amicizia, l’amore, i figli, il mare.
di Ignazio Senatore e Paola Dei