Interstellar
La recensione di Interstellar, di Christopher Nolan, a cura di Marco Lombardi.
A distanza di dieci anni, incassati i 7 Oscar di Oppenheimer, possiamo dire che Interstellar è più che mai il film di Christopher Nolan perché è quello che trova un mirabile equilibrio fra la sua spiccata cerebralità, quella di Memento e di Inception, forse giunta a un definitivo capolinea con Tenet, e la sua ricerca emozionale del pubblico, presente in purezza all’interno di Oppenheimer, che è infatti il suo film più “popolare”.
Interstellar, infatti, mette insieme l’intensa storia d’amore (genitoriale) tra un padre e una figlia, e una serie di ipotesi sul tempo e sullo spazio che lì per lì sembrerebbero anche avere un fondamento scientifico, tanto sono affascinanti: è infatti in quella splendida biblioteca multidimensionale che Nolan rinviene nell’amore quella (misurabile) energia in grado di “movere il sole e l’altre stelle” attraverso la gravità e i buchi neri, veri e propri tunnel d’inconscio collettivo, in direzione del futuro.
Anche le magistrali interpretazioni del film (soprattutto di Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Michael Caine e Matt Demon) mettono in bolla la testa con il cuore, come pure la vita con la morte, visto che i viaggi nello spazio del protagonista, alla ricerca del pianeta perfetto sul quale trasferire l’umanità, l’hanno reso più giovane della figlia, a sancire l’ennesimo ribaltamento di prospettiva del cinema di Christopher Nolan.
di Marco Lombardi