Fairytale – Una fiaba

La recensione di Simone Soranna e la rassegna stampa a cura di Francesco Grieco per il film di Sokurov, Film della Critica per l'SNCCI.

Fairytale - Una fiaba (Aleksandr Sokurov)
Il logo dei Film della Critica SNCCI

Fairytale – Una fiaba di Aleksandr Sokurov, distribuito da Academy Two, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) con la seguente motivazione:

«Tornando a ragionare sul Potere, Sokurov vira in direzione dell’allegoria, immaginando il purgatorio dei dittatori e dei capi di Stato come un crepuscolo degli Dei. L’utilizzo pittorico della tecnica digitale, che guarda alla litografia a metà tra le illustrazioni di Gustave Doré e le incisioni di Giovanni Battista Piranesi, consente al regista russo di edificare una Divina Commedia in cui non si può riveder le stelle, ma solo l’eterno perpetuarsi del medesimo schema».

La recensione
di Simone Soranna

Fairy Tale è il titolo dell’ultimo romanzo scritto da Stephen King. Dato alle stampe nel 2022, racconta l’incredibile vicenda di un adolescente alle prese con un mondo fatato dove una potente minaccia ha sovvertito qualsivoglia ordine morale e sociale. Fairytale è anche il titolo dell’ultimo lavoro di Aleksandr Sokurov.

Distribuito nelle sale nel 2022, il film racconta l’incredibile incontro tra Adolf Hitler, Benito Mussolini, Iosif Stalin e Winston Churchill in un limbo ultraterreno, in attesa di varcare la porta di Dio. Entrambi i progetti, quello di King e quello di Sokurov, non sono delle fiabe, seppur da queste siano ispirati come enunciano, a cominciare dal titolo. Entrambi i progetti abusano di fantasia e lasciano spazio ai poteri forti (in tutti i sensi) per descrivere mondi altri dai quali, probabilmente, è bene tenersi a distanza.

Il primo, però, è un lavoro ben scandito da una struttura drammaturgica, forte e saldo all’interno della sua ossatura tripartita e intento a raccontare una fiaba fatata (Fairy Tale, due vocaboli ben distinti). Il secondo è invece un unico, infinito, flusso di coscienza: un progetto in cui è difficile orientarsi, comprendere, incasellare e studiare fino in fondo personaggi, avvenimenti e citazioni. In Fairytale (un unico termine che non concede pause) ci si può solo lasciar cullare: da una parte le ossessione tematiche di un Maestro del cinema che torna, come spesso accade, a confrontarsi con la Storia e con il Potere, dall’altra l’intuizione registica di raccontare il tutto attraverso il fluire di immagini di repertorio e materiale d’archivio.

Sokurov dà nuova vita a un immaginario condannato a non morire mai, ma al quale lo sguardo di tutte le generazioni passate e a venire si relazionerà sempre inquinato dalle certezze storiche e poco interessato a indagarne la pulsione incomprensibile che lo plasmò. Non c’è niente di definito in Fairytale, a cominciare dal limbo in cui è ambientato, sino alla veridicità delle immagini che Sokurov maneggia con tatto sopraffino. È un film magico, un film fatato, al quale sarà difficile credere ma nel quale sarà impossibile non perdersi, anche solo per provare l’emozione di tornare bambini e lasciarsi prendere per mano da una storia che inizi con un C’era una volta… Le medesime parole che chiudono il romanzo di Stephen King. Coincidenze?

Una breve rassegna della stampa italiana sul film
(a cura di Francesco Grieco)

Quasi impossibile tra i critici italiani trovare giudizi negativi su Fairytale – Una fiaba. Per Marco Romagna su Cinelapsus, «la gemma che arriva inevitabilmente a squarciare in un prima e in un dopo il concorso del 75mo Locarno Film Festival è una sorta di summa delle ossessioni del gigantesco regista russo, fra i despoti e gli avvenimenti da loro scatenati già della Tetralogia del Potere, fra la loro museificazione (l’Hermitage di Arca russa, il Louvre di Francofonia) in una sorta di quotidiana infinita passerella che non può avere reale conclusione e il “non ascoltare Sokurov” con cui Hitler ricorda a Mussolini di guardare solo avanti e non lasciare mai spazio alla malinconia”».

Per Andrea Chimento sul Sole 24 Ore, «se la narrazione è indubbiamente ostica e può dare adito a qualche perplessità, priva di sbavature è invece un’estetica semplicemente meravigliosa, tanto per gli effetti visivi quanto per le scelte fotografiche». Come chiarisce Giampiero Raganelli su Quinlan, «c’è il pittoricismo, c’è quella tensione figurativa che ha sempre guidato l’opera del Maestro Sokurov, che qui si traduce in un’estetica da inchiostro, da chiaroscuro, da litografia, tra Gustave Doré e Piranesi. E a proposito di quest’ultimo, Fairytale condivide certe visioni architettoniche verticali, quasi alla Escher».

Per rendere conto della complessità e dell’originalità del film del regista russo, continuiamo con Aldo Spiniello su Sentieri Selvaggi: «Sokurov sta su quel crinale sottile che separa la lucidità e la follia (forse solo Herzog, per motivi diversi, è paragonabile). Ed è già questo a renderlo un autore fuori programma, indesiderabile. Si muove lungo quella linea in cui la fiaba comincia a mostrare il suo lato oscuro, l’Ombra. Ma i suoi fantasmi si trasformano anche in figure farsesche, che si sdoppiano, moltiplicano, smarrendo l’identità».

Forse solo giustapponendo i tentativi di definizione, si può avere un’idea della ricchezza stilistica e tematica del film. Per Alberto Pezzotta su FilmTv «Fairytale, dietro la sprezzatura del titolo, è una fantasia gnostica la cui forza atterrisce». Secondo Massimo Causo su Duels: «Si ride in questo film di Sokurov, più di quanto si sia ridacchiato qua e là in certi suoi ultimi lavori (Faust per esempio), ma in realtà Skazka è una commedia che arriva amaramente a tempo ormai scaduto, quando il sorriso si scopre fuori luogo perché lo spettacolo è terminato e in scena non c’è più nessuno.

Ci affidiamo per una sintesi che esprima l’eterogeneità del film alle parole di Federico Gironi su Coming Soon: «Una fiaba, quella dell’autore russo, che mescola insieme sperimentalismo formale, riflessione storica, voglia di divertirsi e prendere in giro, analisi del potere e della psicologia dei dittatori. Tutti argomenti che Sokurov ha trattato con attenzione e profondità, nel suo cinema, e che qui si tingono di sfumature inedite, complesse e misteriose».

Qualcosa sulla fotografia accenna Francesco Boille su Internazionale: «Come in un limbo dalle infinite sfumature di grigio ma dagli ampi squarci di bianco, come in un mondo eternamente sospeso tra il bello e il brutto, tra il nulla e il tutto, o ancora come in una sorta di purgatorio, qui deambulano Adolf Hitler, Benito Mussolini, Iosif Stalin e Winston Churchill, con brevi apparizioni di Napoleone Bonaparte e di un Cristo mesto, molto sofferente, che il padre celeste sembra tenere tirannicamente in eterna attesa, quasi come nascosto in cantina».

A precisare la relazione tra l’aspetto visivo del film e i personaggi principali è Silvana Silvestri sul Manifesto: «Non si tratta di una ricostruzione digitale, dei personaggi (e neanche olografica, come negli anni ’90 proprio uno scienziato russo aveva ventilato sarebbe stato il futuro del cinema), ma di un lungo lavoro di ricerca nelle cineteche di tutto il mondo dove ogni espressione del viso, gesto, smorfia, postura di quei quattro personaggi è stata ritagliata e ricomposta».

Approfondisce il rapporto tra tecnica e significazione Roberto Manassero sul sito di Cineforum: «L’aspetto più evidente del film, immerso nelle tipiche atmosfere molli e sonnolente del cinema più visionario di Sokurov, che qui mette in scena letteralmente quello stadio tra vita e morte che spesso le sue immagini hanno riprodotto in modo quasi materico (pensiamo alle distorsioni delle proporzioni dei corpi in Madre e figlio), è quello di essere realizzato con una tecnica che rimanda (senza però utilizzarla) all’estetica del deep fake, cioè escamotage digitale che combina e sovrappone immagini esistenti ad altre originali».

Per Fabio Ferzetti sull’Espresso, Fairytale – Una fiaba «ci ricorda come la potenza del digitale possa servire anche a rivisitare la Storia, non solo a creare universi fantastici alla Avatar. Anche se operazioni culturali di questo impegno sembrano destinate a farsi rare in un sistema che concede sempre meno spazio ai veri autori cinematografici e tende a sottrarre loro progressivamente ogni potere artistico e morale».


di Redazione
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