Better Man

La recensione di Better Man, di Michael Gracey, a cura di Gianlorenzo Franzì.

Send someone to love me, I need to rest in arms, keep me safe from harm in pouring rain: as my soul heals the shame, I will grow through this pain (manda qualcuno per amarmi, ho bisogno di essere tranquillo, tienimi in salvo dai danni nella pioggia torrenziale: poiché la mia anima guarisce la vergogna crescerò attraverso questo dolore): così come inaspettatamente nel 2001 Robbie Williams musicava con note pop un testo profondamente, dolorosamente autobiografico, Michael Gracey mette una scimmia al centro del palco -letteralmente- per mostrare al pubblico gioie e dolori (distribuiti in maniera diseguale) di quel cantante che è stato così in alto da rendere i suoi bassi ancora più profondi.

Better Man, titolo della traccia dell’album Sing When You’re Winning e del bel film del 2024, è il ritratto impietoso e a tutto tondo di un artista che forse, per sua stessa ammissione, ancora oggi non ha ben chiaro il motivo di un successo così travolgente. Allora il regista, che ha già mostrato con The Greatest Showman la forza con cui sa unire musica e narrazione per immagini, restituisce un film sull’incapacità di sentirsi adeguati, sul caos e sull’imprevedibilità della vita, e centra un protagonista che con incredibile ferocia scopre e mostra i suoi abissi interiori e le sue ferite purulente. Il film è uno straordinario tour de force visionario e appassionato, dinamitardo nella messa in scena e delicatissimo tra le righe, trovando un suo equilibrio ma anche la sua chiave di volta in un drammatico grottesco, utilizzando un falsetto (narrativo) per rendere interessante una storia che altrimenti sarebbe stata banale.

Better Man ha echi metanarrativi illustri (Trilussa diceva: L’Omo disse a La Scimmia: “sei brutta e dispettosa, rido nun se sa quanto!” … La Scimmia disse “Sfido! T’arissomijo tanto!”) e velleità anarchiche che sa rispettare, con quel suo tono quasi violento, volutamente e significativamente sgradevole, che acuisce il disagio esistenziale del protagonista.

È un peccato che il pubblico non l’abbia premiato adeguatamente: negli USA, 1 milione di dollari -e 10, sul mercato internazionale- di incasso su 110 milioni di budget non ha altre descrizioni che flop, ed è abbastanza doloroso vedere come un film alla fine così complesso e soprattutto sincero (fino a farsi male, in tutti i sensi, quindi) non sia stato probabilmente né capito né adeguatamente promosso. Perché forse la scelta stravagante di sostituire Williams con uno scimpanzè è stata coraggiosa ma la comunicazione doveva funzionare diversamente, anche perché se spesso pubblico e critica si lamentano che l’industria di Hollywood giochi sempre e troppo sul sicuro, la scelta di Better Man andava premiata.


di Gianlorenzo Franzì
Condividi

di Gianlorenzo Franzì
Condividi