Intervista ad Alessandro Rocca, regista di Sans Dieu
Intervista ad Alessandro Rocca, regista del cortometraggio Sans Dieu presentato alla Settimana della Critica 2024.
Tra i cortometraggi in concorso alla Sic 2024, troviamo Sans Dieu di Alessandro Rocca, regista talentuoso che si era imposto all’attenzione degli appassionati del cinema breve con Agosto in pelliccia nel 2022. Sans Dieu, prodotto da Eclettica e distribuito da Gorilla Distribution, rivela la grande sensibilità di un autore in grado di affrontare temi delicati come la preadolescenza e l’identità di genere.
Dopo il successo del cortometraggio Agosto in pelliccia, vincitore del premio per la migliore regia al Festival Visioni Italiane 2022, cosa ti ha spinto a progettare Sans Dieu?
Il progetto di Sans Dieu nasce durante la post-produzione di Agosto in Pelliccia (2022). Come sempre accade per i miei progetti nasce dalla necessità di portare alla luce parti oscure di me, esperienze negative, eventi che mi hanno segnato e ricordi che ho bisogno di affrontare ed esorcizzare tramite il mio processo creativo prima che possano marcire e contaminare il resto. Estrarre quest’astratta materia grezza e darle forma concretizzandola rende il trauma più innocuo. Elaborarlo attraverso il potere della scrittura, metterlo in scena e infine manipolarlo con il montaggio mi da la possibilità di osservarlo e sentirlo nella forma di un film, non più nascosto nei meandri della mente e dell’inconscio. Questa è la ragione che mi spinge a scrivere le mie storie e a dirigerle, ed è anche il motivo per il quale i miei film sono permeati da un’aura onirica: vengono direttamente da ricordi sbiaditi e sogni deformati.
Lo hai pensato fin da subito in francese nonostante non sia la tua lingua?
Il francese non è la mia lingua e la scelta di girarlo in francese deriva da due ragioni. La prima è da individuare nella necessità di cui parlavo prima. Avevo bisogno di portare alla luce la lingua francese, di prenderla da uno dei cassetti della mia mente, dove è legata a me tramite una persona che ha segnato un periodo difficile della mia infanzia.
La seconda ragione è il suono: ogni lingua ha delle proprietà sonore uniche con le quali mi piace giocare (il prossimo cortometraggio sarà in lingua Slovacca) e il francese funziona bene con questa storia, soprattutto nel Voice Over leggero e quasi sussurrato di Gabriel, che ci accompagna per tutto il cortometraggio con riflessioni e pensieri sul sentimento che lo tormenta.
Come hai scelto i bambini? Sei riuscito a creare questo rapporto speciale tra loro e a rendere la fascinazione che uno prova per l’altro, è stato difficile?
La scelta dei bambini è stata molto naturale, Sebastiano Berti (Gabriel) e Aaron Guey (Xavier) hanno sensibilità molto diverse ma egualmente preziose e potenti. Come tutti i giovanissimi hanno qualcosa da dire, e con questo progetto credo abbiano trovato un modo per esprimere quelle parti di loro che spesso nella pre adolescenza tentiamo di nascondere, un po’ per paura del mondo degli adulti un po’ perché ci sentiamo in trappola. Credo di aver creato assieme a loro una zona al di fuori della quotidianità e delle regole, una zona libera dove potersi muovere, essere se stessi e dare sfogo alle proprie emozioni.
Con loro non c’è stato il classico metodo che adotto quando ho bisogno di dirigere un attore adulto, spesso formato. È stato un vero e proprio scambio, un flusso estremamente naturale nel quale tante caratteristiche del personaggio le hanno date loro a me. Ovviamente i personaggi erano già stati scritti in sceneggiatura, ma ho aggiunto tantissime cose stando con loro durante le prove e semplicemente osservando, parlando e giocando.
Anche il rapporto tra loro si è creato in maniera molto naturale. Sebi e Aaron hanno passato molto tempo insieme durante le prove, conoscendosi e rapportandosi, e la fascinazione che uno prova per l’altro è reale e del tutto comune tra i bambini. Per esempio: Sebastiano è più piccolo di qualche anno rispetto ad Aaron e già solo questo crea una fascinazione del più piccolo nei confronti del più grande.
Diciamo che in generale ho osservato e adattato le loro anime a quelle dei personaggi e viceversa.
Giochi sull’ambiguità di genere, in una fase dell’età in cui il genere non è così definito, fin dall’inizio era ciò che ti premeva rappresentare?
L’ambiguità di genere e l’identità sono temi che sicuramente mi preme rappresentare, così com’è stato in Agosto in Pelliccia all’interno di un rapporto fra due fratelli già adolescenti. In Sans Dieu avevo bisogno di esplorare i temi sopracitati in una fase dell’età dove l’identità e il genere non sono così definiti e dove si iniziano ad esplorare sentimenti nuovi, spesso complessi, di difficile comprensione. Credo che non sia data abbastanza voce a questo tipo di sentimenti nell’infanzia e nella pre adolescenza, i giochi e gli atteggiamenti dei bambini sono spesso presi con superficialità, a volte addirittura ignorati, si pensa a loro come piccoli esseri umani che devono essere formati, educati, plasmati. Bambini soli che non sono ascoltati mentre urlano i loro tormenti, sminuiti dagli adulti che si sono dimenticati di essere stati a loro volta bambini con un universo di domande e dubbi in testa.
Nella fluidità dell’infanzia il gioco di ruolo è un mezzo fondamentale di esprimersi. In Sans Dieu vediamo Gabriel e Xavier giocare ai pirati, ai ragazzi grandi, a prete e chierichetto, a dio e adepto. Sappiamo tanto di loro semplicemente osservandoli mentre giocano a diventare altro. Così è anche nella vita. Il gioco di ruolo è un mezzo fondamentale che ci racconta tanto di un bambino, e spesso, per quello che mi riguarda, non è solo un gioco
Cosa rappresenta per te il pianto finale del bambino?
Il pianto finale di Xavier è il pianto di un bambino che cresce, abbandona la sua innocenza alla vista del male e sa dentro di sé di non poter più avere lo stesso rapporto di amicizia che aveva con il suo amico Gabriel. È un pianto d’addio.
A cosa stai lavorando?
Il mio prossimo progetto si intitolerà Kràlik, in Slovacco “coniglio”, e parlerà ancora una volta di un complesso e delicato rapporto a due, questa volta tra padre e figlio. Sarà il cortometraggio conclusivo della trilogia iniziata con Agosto in pelliccia e proseguita con Sans Dieu.