Planet B
La recensione di Planet B, di Aude Lea Rapìn, a cura di Gianlorenzo Franzì.

Nel 2039 in Francia un gruppo di attivisti resiste con la guerriglia ad un governo totalitario: la repressione è attuata con la tecnologia più avanguardistica. Durante un assalto ad una centrale, alcuni vengono catturati: tra di loro c’è Julia Bombarth (Adèle Exarchopoulos), che subito dopo aver ucciso un soldato governativo viene ferita ad un occhio e sviene. Si risveglia, insieme ad alcuni suoi compagni, in un resort in riva al mare su una scogliera.
L’ambiente è solare e deserto, sembra indirizzato al massimo comfort: ma ben presto, Julia scopre che in realtà è un ambiente di realtà virtuale assoluta, il Planet B, nel quale i ribelli vengono “rinchiusi” e tenuti in cattività. E anche torturati: periodicamente, la realtà si “congela” e loro subiscono una sorta di lavaggio del cervello con torture che agiscono sulla psiche per conoscere i nomi degli altri ribelli oltranzisti.
Nel frattempo, una donna irachena che per lavoro pulisce alcuni reparti di una stazione militare scopre che il suo “QR code” che le permette di avere un permesso di soggiorno sta per scadere. Ruba allora la prima cosa che le viene sottomano per rivenderla al mercato nero, ma scopre ben presto che l’oggetto è un visore di realtà aumentata che trasferisce chi lo indossa proprio sul Pianeta B…
Aude Lea Rapin aveva esordito con Heroes Don’t Die, opera che già risentiva molto della sua formazione di fotografa e videomaker nelle zone di guerra, ma che per molti versi si irrigidiva in uno schematismo psicologico troppo a tema: con Planet B riesce invece a svincolarsi, e immerge le storie che racconta in un’atmosfera drammatica riuscendo però a rendere la drammaturgia più fluida.
Anche in questo film, ambientato per la metà su una spiaggia, aleggiano i fantasmi della guerra nei Balcani, a è una suggestione che infonde vitalità nei personaggi e nei loro caratteri.
Il problema è che la Rapin (autrice anche della sceneggiatura) sembra non rendersi conto che diverse soluzioni narrative, sia politiche che da sci-fi, sono state già ampiamente sviscerate e messe in scena in una serialità televisiva che ha superato l’immaginario e l’ispirazione del grande schermo (da Homeland a Westworld, fino ad Upload), ed è per questo che buona parte dell’atmosfera di Planet B risente di un fastidioso déjà-vu visivo. Resta comunque la passione con cui sono resi i personaggi e un sentimento di reale disagio verso un mondo sull’orlo del collasso sociale.

di Gianlorenzo Franzì