Di decreti e riaperture

A seguito del DPCM in cui è stata annunciata la riapertura “possibile” delle sale si è scatenato un gran dibattito online tra chi ha accolto favorevolmente la notizia e chi invece si dimostra assai più scettico.

C’è entusiasmo tra i cinefili dopo l’annuncio da parte del Governo che il 15 giugno riapriranno anche i cinema. Ipotizzano una corsa sfrenata nelle sale finalmente accessibili. Che non si veda l’ora di tornare al cinema, almeno per la piccola percentuale nazionale di habitué, è fuori discussione. Così come lo è il desiderio di tutta la filiera cinematografica (produttori, distributori, esercenti, oltre ovviamente a registi, attori e maestranze varie): avere la possibilità, come tutti gli altri settori, di riavviare la propria attività. Ma come spesso accade in Italia, dopo aver manifestato un disagio crescente per la continua dimenticanza di interi settori culturali, teatri e cinema in primis, la risposta che finalmente arriva da parte della politica è inadeguata, soprattutto nella tempistica (il 15 giugno, si sa, è una data solitamente di chiusura, all’avvicinarsi dell’estate: non fingiamo di essere come altri Paesi, tipo la Francia…), a maggior ragione non si sa con quali film e con una serie di problematiche non ancora risolte: se va al cinema una coppia stabile nella vita, deve sedersi distante o come al ristorante stare vicina?, perché la differenza non si capisce, eccetera eccetera. Tra l’altro il 15 giugno è una data indicativa, apre chi vuole e chi se la sente di osservare tutte le precauzioni obbligatorie (che sono tante, troppe, di difficile realizzazione, quasi un invito a restare chiusi…), soprattutto apre probabilmente chi rischia meno di ottenere una beffa oltre al danno della chiusura prolungata: spendere per l’apertura e non ottenere nemmeno l’incasso che la pareggi, figuriamoci un guadagno. E non è una situazione rara. Forse potranno aprire i multiplex, ma per i cinemini dove si proiettano film d’autore è assai più problematico tutto. Quindi interventi di detassazione sarebbero fondamentali. E poi, l’ultima domanda: dopo mesi di clausura la gente avrà voglia di andare a chiudersi in una sala per circa 2 ore o preferirà andare al mare, in montagna, a farsi una passeggiata? Semmai adesso potrebbero funzionare i cinema all’aperto, che danno anche minore ansia di contagio, in attesa di riaprire le sale con meno approssimazione e forse anche incertezza in settembre.

Ecco perché poi il punto è questo. A parte i cinefili “malati”, quanta gente pensiamo che abbia voglia di andare al cinema? Già ce n’era poca prima, figurarsi adesso, dopo magari le lusinghe di questi mesi con le varie piattaforme che stanno portando a casa quei film, magari non di grandissimo richiamo, che non sono usciti in sala. Certo: guardare il film a casa e guardarlo in sala non è la stessa cosa. Sicuro. Ma per quanti di noi vale davvero questa diversità? In realtà il Covid-19 ha prepotentemente accelerato un processo di distanziamento dalla sala, già in atto da diverso tempo e con risultati piuttosto evidenti. Non solo in casa si posseggono televisori e impianti hi-fi in grado di dare una buona visione (specie se si può accedere al 4k), ma è risaputo che negli ultimi tempi lo sguardo si è fatto meno esigente, se accettiamo perfino di guardare i film su uno smartphone. A ciò si aggiungano non solo le offerte on demand, ma anche l’usanza, che rispetto ad altri Paesi più severi da noi è abbastanza tollerata, quando non del tutto, di usare la rete per scaricare a iosa film anche recentissimi: non sfuggirà come a volte l’uscita ritardata in Italia rispetto agli Usa o il resto del mondo di certi film, faccia sì che tali film siano disponibili diversi mesi prima illegalmente e, va detto, spesso in ottima qualità. Il processo di allontanamento dalla sala è in atto quindi da anni, lo sappiamo bene tutti, e le nuove generazioni, a parte la manciata di film spettacolari, non credo risentano del bisogno assoluto di correre al cinema. E comunque anche calcolando che, a differenza di anni fa, il passaggio sulle piattaforme oggi è quasi immediato, c’è solo da aspettare, se non si vuole scaricare il film, settimane o un paio di mesi. Probabile quindi che questa forzata lontananza dalla sala, ponga alla riapertura una ulteriore questione, oltre a quelle, anche sacrosante, del pericolo e della paura di chiudersi in un ambiente con persone sconosciute per alcune ore. Senza dimenticare il problema dei festival, dei film che non si sono prodotti e che non si produrranno forse ancora per diverso tempo.

Io non ho soluzioni, ovviamente, per pensare d’invertire questa tendenza. Né, come ha fatto chi mi ha preceduto, sono in grado di credere a tutte quelle forme speranzose di nuovi contenuti, nuovi linguaggi capaci di attirare di nuovo l’interesse del pubblico più numeroso. Abbiamo visto negli ultimi anni come gli “eventi” (teatrali, musicali, culturali, perfino sportivi) siano stati gli unici in grado di riempire senza troppi problemi le sale; i film raramente. Anche, a volte, quelli che si pronosticava fossero in grado. Forse un’attrattiva è quella di portare anteprime in giro per l’Italia con registi, attori eccetera: questo è sicuramente un “prodotto” che le piattaforme non danno e la presenza fisica del cast potrebbe essere una buona “esca”: l’esperienza dice positivo. Scartando ovviamente i prezzi stracciati (come i famosi 2 euro…), ci vorrebbe più coraggio non solo nel portare i film in sala, senza sottostare quindi a una distribuzione tirannica qual è quella italiana, ma verrebbe anche da dire nel produrli: gli Studios si sono ormai addormentati in remake, reboot, sequel e quant’altro; la produzione italiana continua a privilegiare (anche in fase poi distributiva) commedie sciatte e ripetitive, con storie e protagonisti consumati, che non interessano più, nemmeno i famosi zoccoli duri. La situazione è complessa e preoccupante. Riportare la gente al cinema sembra in questo momento un’operazione titanica. E semmai bisognerebbe davvero puntare su scelte alternative: il caso Parasite lo dimostra. Servono misure e idee straordinarie, entrambe improbabili oggi. Ma il virus è solo parzialmente responsabile: si direbbe un colpo di grazia, arrivato in una situazione già discretamente compromessa. Risollevarsi non sarà facile, serve un impegno davvero enorme. Vediamo di non dimenticarlo: non basta riaprire le sale, bisogna anche riempirle. Il vero problema.


di Adriano De Grandis
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