Una donna chiamata Maixabel
La recensione di Una donna chiamata Maixabel, di Iciar Bollain, a cura di Frédéric Pascali.
La terribile stagione dell’ETA, con la sua lotta armata per reclamare l’indipendenza dei Paesi Baschi, rappresenta ancora adesso, per gli spagnoli, un confine blindato difficile da oltrepassare senza sottoporsi a un ulteriore amarcord di dolori e verità. La pellicola diretta da Iciar Bollain si cimenta in questo complicato percorso raccontando una storia vera, accentrata, in particolare, sul problema del perdono e della convivenza tra carnefici e parenti delle vittime.
L’assassinio del socialista Juan Mari Juauregui, ex governatore civile di Guipuzcoa e, in età giovanile, ex membro dell’ETA stessa, avvenuto a Tolosa nel 2000, lascia una scia incompiuta di rimostranze e riflessioni che, qualche anno dopo, già nel 2011, con la richiesta di alcuni ex terroristi baschi di incontrare in prigione i parenti delle loro vittime, porta a risvolti inaspettati. La moglie, Maixabel, nel frattempo diventata direttrice dell’ufficio basco per le vittime del terrorismo, accetta, tra lo sconcerto di molti amici suoi e del marito, di incontrare Ibon, l’assassino di Juan Mari.
Una storia molto dura, quella scritta e narrata, con grande sensibilità ed equilibrio, dallo stesso regista insieme a Isa Campo, cercando di mostrare l’umanità dell’una e dell’altra parte, superando la suggestione della condanna della giustizia e della morale.
Così Una donna chiamata Maixabel va oltre il racconto della vicenda della redenzione, o della mera testimonianza di un drammatico periodo storico, e si trasforma in un film sul coraggio. Lo stesso che non abbandona mai la protagonista principale, sia nel momento della tragedia che nel momento della mediazione e del perdono. Maixabel, magnificamente interpretata da Blanca Portillo, non perde la sua fiducia nella vita e nelle persone e lotta per cambiare il modo di pensare di una società ancora profondamente ferita. Lo fa con lo stesso coraggio che a un certo punto pervade anche Ibon, un grande Luis Tosar, deciso a fare i conti con il suo passato e con la consapevolezza di poter cambiare, per sé e per gli altri, e promettersi un futuro meno popolato di rimorsi e di fantasmi.
di Frédéric Pascali