The Sessions – Gli appuntamenti
Basato sugli articoli scritti da giornalista e poeta affetto da poliomelite, ispirato ma anche debitore del documentario “Breathing Lessons: The Life and Work of Mark O’Brien” di Jessica Yu vincitore del Oscar nel 1997, il film racconta senza pudori della scoperta della sessualità di un uomo diversamente abile rinchiuso da sempre in polmone d’acciaio. Con una terapista sessuale si scopre uomo, con un prete liberale ha il placet per proseguire in questa sperimentazione.
Tema difficilissimo, è letto con bravura da Ben Lewin perfettamente supportato da tre splendidi interpreti quali il sempre più bravo John Hawkes, la coraggiosa e perfetta Helen Hunt, un grande William H. Macy. Parlare di sesso seriamente è sempre difficile che sia in un romanzo, in un saggio o attraverso le immagini: persiste un non sempre consciamente recepito pudore mischiato all’eccitazione per un tema spesso carico di troppe valenze per essere trattato con serenità. Se a questo si aggiunge che qui parliamo di un uomo ultratrentenne che non ha mai provato il sesso e che si affida a una normalissima madre e moglie di famiglia che di professione fa la terapeuta sessuale, si capiscono le difficoltà del regista/sceneggiatore nel costruire un film con scene prive di pudore di facciata.
Ben Lewin, sensibile regista e sceneggiatore, ha un’esperienza notevole sia come documentarista che quale autore televisivo e cinematografico. Polacco, ha vissuto i primi anni della sua vita in Australia dove è divenuto avvocato per poi abbandonare la toga grazie a borsa di studio alla National Film School inglese. Da qui, un lungo periodo di lavoro per la BBC ed altre emittenti fino al trasferimento in California divenendo apprezzato sceneggiatore e buon regista.
Questa breve biografia solo per dire che è sempre stato attivissimo nonostante fosse stato colpito dalla invalidante poliomelite. Una vita da protagonista vissuta senza inutili pietismi; la persona più adatta per trattare senza pudori, ma anche senza demagogia o strani pruriti, una vicenda così difficile oltretutto perché vera, vissuta direttamente da un uomo che ha trovato una propria dimensione, una ragione di vita nonostante abbia trascorso gran parte della propria esistenza all’interno di un polmone d’acciaio.
In casa sua non esiste un letto, non sarebbe servito, e quando decide di vivere l’esperienza del sesso per poterla poi raccontare con articoli su “The Sun” deve trovare l’ospitalità nella casa di amica disabile come lui. Questa esigenza racconta in un attimo la realtà di un uomo che molte cose della vita non le ha mai provate, non solo l’amore fisico ma anche il piacere di distendersi su di un letto, di mille altre cose normali per gli altri.
Mark O’Brien il cui personaggio è la base del film, era un noto poeta e giornalista statunitense che all’età di sei anni aveva contratto la malattia: gli era stata donata dai genitori una seconda volta la vita perché si erano rifiutati di farlo ospitare in una struttura assistenziale in cui le aspettative di vita erano di 18 mesi. Nato nel 1949, morto nel 1999, è tuttora ricordato per il suo coraggio, la militanza sociale, il valore di poesie mai banali, per una prosa che faceva capire i problemi ed i drammi delle persone come lui con poche, sentite parole.
Anche lui avvocato come Lewin (patrocinava principalmente cause in cui erano coinvolti diversamente abili) è stato molto importante negli Usa, e non solo, per fare conoscere i diritti delle persone meno fortunate. Oltre a questo ha creato una piccola casa editrice e scriveva senza interruzione perché sapeva di avere di fronte a sé una vita non lunghissima.
Cheryl Cohen-Greene era il ‘surrogato sessuale’ che si era occupata di Mark. Marito non sempre felice del suo lavoro anche se nei dialoghi del film dice alla moglie “Sei una santa”, figlio adolescente che non la chiama mamma, una vita dedicata seriamente a fare conoscere il mondo del sesso a chi non lo conosceva o non ne sapeva fruire correttamente. Il sesso non simulato, donandosi completamente a chi aveva bisogno di lei tenendo per se stessa e con grande pudore la sua vita privata ma non l’uso del suo corpo. Ha scritto libri sul suo lavoro, ne è sempre stata orgogliosa perché lo vedeva come una missione. Da notare che Cheryl non si era mai creata problemi nel farsi vedere nuda tanto da alternare la sua attività di terapista con quella di modella per pittori e Accademie artistiche.
Nei bei dialoghi affidati al suo alter ego cinematografico Helen Hunt vi è una frase che spiega tutta la sua filosofia: la differenza tra una prostituta e me è che la prima fa all’amore per conquistarsi un cliente duraturo mentre io faccio un massimo di sei incontri per evitare che in futuro la persona abbia bisogno di me. Il film rispecchia, rispetta le realtà a cui si ispira donandoci forti emotività attraverso temi che creano disagio, che fanno pensare, scoprire un mondo che non conosciamo o, forse, che non vogliamo conoscere.
John Hawkes è un ottimo attore televisivo e cinematografico che riesce completamente a trasformarsi nel personaggio affidatogli in quel momento. Esprime gioia e dolore con gli occhi e qualche smorfia del volto, non utilizza mai il suo corpo (Mark era completamente paralizzato), scrive articoli o compone poesie schiacciando i tasti della macchina da scrivere con una matita che tiene in bocca. La sua è una prova magistrale anche se non ha convinto i selezionatori degli Oscar a premiarlo con una nomination. Nella sua ormai lunga carriera pochi ruoli importanti ma la costruzione di una forte struttura di attore che gli permette di essere sempre credibile sia in Lincoln che in qualche serie televisiva.
Helen Hunt, lei con nomination agli Oscar, dall’età di dieci anni è attivissima come attrice televisiva e cinematografica. Cheryl è da lei vissuta in maniera naturale, senza mai cambiare il tipo di espressività a seconda dei momenti del suo rapporto con il paziente. Dona completamente anche il suo corpo ma quando torna a casa annota tutto in un’agenda e registra impressioni, sensazioni, risultati della terapia su nastro: in questa maniera riesce a distaccarsi dal disagio che ha nei confronti di chi la giudica per quello che non è. È una donna che lavora per mantenere anche il marito di fatto disoccupato. Il loro è un rapporto aperto ma l’uomo capisce quando la moglie prova amore vero e ne è preoccupato tanto da trattarla come una prostituta: in questo una chiave di lettura psicologica dei rapporti di coppie in cui trasgressione e sesso extraconiugale sono accettati con normalità ma in cui si teme di perdere questo gioco per un momento di vera attrazione non solo fisica.
Nella realtà, come nel film, Cheryl decise col suo paziente di interrompere la terapia dopo solo quattro incontri invece dei sei previsti. La ragione era che Mark aveva bruciato le tappe ma, soprattutto, che ambedue si erano accorti che tra loro stava nascendo la chimica dell’amore.
La Hunt nel 2007 aveva diretto un discreto film di cui pochi hanno memoria, Quando tutto cambia interpretato oltreché da lei stessa anche da Colin Firth, Matthew Broderick e Bette Midler. Lei, alla morte della madre adottiva, si scontra con l’apparizione della madre naturale, una presentatrice di talk show in crisi esistenziale per averla abbandonata. Era un film che confermava le sue doti di attrice drammatica in grado di interpretare con lievità qualsiasi personaggio. A nostro avviso, l’Oscar lo meriterebbe davvero.
Padre Brendan è il nuovo sacerdote che incontrando i suoi parrocchiani, inizia un rapporto intenso di guida spirituale e di amicizia con il poeta. E’ il terzo personaggio di questa storia, l’ago tra le imposizioni della Chiesa e la logica della vita vissuta. Quando Mark gli confida di volere incontrare il ‘surrogato sessuale’, entra in crisi ma, alla fine, gli dice: “Ho la sensazione che Dio possa chiudere un occhio in questa occasione: fai quello che devi fare.”
Ottimo interprete è William H. Macy, prete anomalo che guarda più al benessere dei suoi parrocchiani che non alle loro anime. Con poche frasi delinea perfettamente il personaggio a cui si rivolge Mark nei momenti di maggiore bisogno. Forse è la figura più difficile tra le tre da rendere in maniera corretta e convincente perché entra nella vita dei due con un terzo incomodo, le regole della Chiesa, che rischiano di fargli fare le cose sbagliate.
Film da vedere, da discutere, da apprezzare per il messaggio che trasmette anche se non sempre la sceneggiatura riesce a bene delineare gli altri personaggi. Il figlio ed il marito di Cheryl sono solo accennati, scompaiono nel nulla i vari assistenti che aiutano Mark nella sua vita di disabile, inesistenti tante, troppe altre figure che potevano essere importanti per meglio definire la storia.
Ma forse non ha sbagliato Lewit a compiere questa operazione: ha ridotto al minimo i personaggi di cui realmente occuparsi ma ha saputo contenere il film in poco più di 90 minuti: se più lungo, il film probabilmente avrebbe rischiato di distogliere l’attenzione del pubblico.
TRAMA
Il poeta e scrittore Mark O’Brien, paralizzato da bambino a causa della poliomelite, vive all’interno di un polmone d’acciaio. Riceve da “The Sun” la richiesta di articoli sulla disabilità ed il sesso, intervista persone diversamente abili ma la sua psicologa gli consiglia di incontrare un “surrogato d’amore”, una terapista del sesso con cui potere scoprire lui stesso la propria sessualità. Tra i due nasce un rapporto profondo che ‘rischia’ di divenire amore.
di Redazione