Marécage (Acquitrini) – 26a Settimana Internazionale della Critica

Nel Canada rurale, durante un lungo periodo di siccità, una coppia di allevatori fatica a mandare avanti la piccola azienda a conduzione familiare. Alle difficoltà economiche si somma la recente perdita di un figlio, che ha segnato i due genitori, Marie e Simon, mentre il maggiore Jean, adolescente inquieto, sta scoprendo la sua sessualità. Finché un nuovo dramma si abbatte sui Santerre: un incidente sul lavoro costa la vita al padre, lasciando la donna nello sconforto e riaprendo di colpo anche le vecchie ferite. Mentre la vedova è oggetto delle attenzioni insistenti di uno sconosciuto che ha assistito all’incidente, il ragazzo si trova quasi abbandonato a se stesso.

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La recensione di Mariella Cruciani

Nella sequenza finale di Marécages, opera prima del canadese Guy Edoin, vediamo il giovane Simon (Gabriel Maillé) sorridere sinistramente e abbracciare la madre Marie (Pascale Bussières), subito dopo aver accusato dell’uccisione delle mucche (“Sarà stato lui!”) il nuovo compagno di lei.

Il film è, infatti, ambientato nel Canada rurale e ha come protagonista una famiglia di allevatori in piena crisi, economica e non. L’adolescente Simon è  preda di un vero e proprio complesso edipico e, pur di trattenere per sé la madre, è pronto, più o meno consciamente, a negare aiuto al padre Jean (Luc Picard) che muore in un incidente sul lavoro. Non solo: strada facendo, scopriamo che, due anni prima, è morto annegato anche il fratello più piccolo (“C’era Simon ma non ha potuto salvarlo” – dice la madre). Naturalmente quando, dopo la scomparsa del marito, Marie è oggetto delle attenzioni di uno sconosciuto che ha assistito all’incidente, il ragazzo non accetta il nuovo venuto. E’ a questo punto che esplodono le tensioni latenti e viene fuori la verità profonda dei personaggi:“Se tu non avessi ucciso tuo padre e tuo fratello” – recrimina la madre.

Simon non tenta neanche di negare e rilancia: “L’ho fatto apposta. Sei contenta?”. Le relazioni familiari, il rapporto amore/odio, l’incomunicabilità, l’identità sessuale sono, dunque, i temi forti di un film urgente e personale. Non a caso, Edoin ha girato nella fattoria dove ha vissuto e, in proposito, ha dichiarato: “Il film è saturo di esperienze vere, di momenti significativi e anche di storie che mi sono state raccontate. Senza essere autobiografico, tutto è vero ma romanzato.” “Marécages” è, per materia e atmosfere, simile ad una tragedia classica: tutto sembra già scritto e i personaggi obbediscono a sentimenti ancestrali ai quali non possono sfuggire. Il tutto raccontato con stile sicuro, crudo, spietato. Come i destini di Marie, Jean, Simon.

Mariella Cruciani

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Accurato e materico nella descrizione del lavoro degli allevatori, che la macchina da presa tallona mentre mungono le vacche, le accudiscono, fanno venire alla luce un vitello nato morto, restituendo la fatica, il sangue e il latte, la ruggine e gli escrementi, il trentenne Édoin mette a frutto la sua esperienza di figlio di contadini, che tra l’altro hanno assistito gli attori sul set insegnando gesti e pratiche. Ma Marécages è tutt’altro che un film autobiografico e anche il realismo della messinscena viene decisamente sublimato in un clima da tragedia familiare con echi di classicità dove si agitano contenuti forti, quali l’incesto e il parricidio… Una colpa, un’assenza e una perdita gravano sulla fattoria dei Santerrre, sulla coppia unita e complice che prova a ricominciare nonostante la crisi economica che rischia di portarsi via tutto, come sul figlio “superstite”, che li osserva e si muove attorno a loro alla ricerca di una sua identità anche sessuale e mosso da pulsioni sottaciute. Ma altro protagonista di questo film poetico e crudo, fatto di sentimenti ancestrali e di legami che si rinsaldano nonostante tutto, è il grande paesaggio canadese, con la sua bellezza tutta cinematografica che ci riporta in pieno nella linea dell’immaginario rurale nordamericano e dove la siccità e il suo contrario (il titolo indica proprio i terreni che diventano acquitrinosi dopo una grande pioggia) diventano territorio di vita e di morte. Intonati gli attori, tra cui spicca la presenza femminile forte di un’attrice complice di molto importante cinema canadese come Pascale Bussières.

(Cristiana Paternò)

Guy Édoin, il trentenne Édoin, cresciuto in una famiglia di allevatori, si è diplomato in sceneggiatura all’Université du Québec di Montréal nel 2000 e nell’ambito universitario ha realizzato i suoi primi cortometraggi, presentati in concorso al New York International Independent Film and Video Festival. Nel 2004 ha realizzato Le Pont, prima parte di una trilogia intitolata Les Affluents e composta anche da Les Eaux Mortes (2006), presentato in decine di festival tra cui lo Short Film Corner di Cannes, e La Battue (2008), che ha debuttato al Festival di Locarno ed è stato inserito nella Canada Top Ten dei migliori corti dell’anno. Marécages è il suo primo lungometraggio.


di Redazione
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