Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna
La recensione di Fly Me to the Moon - Le due facce della Luna, di Greg Berlanti, a cura di Juri Saitta.
Alla fine degli anni Sessanta, la NASA assume l’esperta di marketing Kelly Jones per curare la sua immagine pubblica e girare, in segreto, un finto atterraggio sulla Luna da trasmettere in televisione per coprire l’eventuale fallimento della missione Apollo 11. Qui, la protagonista si scontrerà spesso con il direttore delle operazioni Cole Davis, riluttante alle campagne pubblicitarie.
Co-prodotto dalla Apple, Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna è un film a metà strada tra la commedia romantica e la riflessione satirica sul labile confine tra pubblicità, propaganda politica e menzogna; un’operazione piuttosto ambiziosa e interessante ma che purtroppo fallisce su entrambi i piani che porta avanti.
Qui, gli schemi della rom-com (incentrati sul rapporto d’incontro/scontro e opposizione/attrazione tra i due personaggi principali) sono sviluppati in modo troppo meccanico, con diversi episodi narrativi inseriti a forza e in tempi spesso sbagliati da una sceneggiatura che segue in maniera scolastica gli stereotipi del genere di riferimento senza capirne fino in fondo i funzionamenti. Difetti di scrittura che impediscono inoltre la creazione della giusta alchimia tra i protagonisti Channing Tatum e Scarlett Johansson, nonostante la discreta performance della seconda.
Purtroppo, anche la riflessione satirica sulla manipolazione risulta poco mordente ed efficace, soprattutto perché resta sulla superficie, virando spesso il tema della menzogna sul piano privato e sentimentale (quello della storia personale di Kelly Jones) e dando per scontate le sue implicazioni pubbliche, qui citate ma mai davvero approfondite.
Limiti di sceneggiatura che, uniti a una regia piuttosto piatta, mettono in secondo piano una confezione visiva accettabile e alcune buone interpretazioni, su tutte quella di Woody Harrelson nel ruolo di un misterioso agente del governo.
Il risultato complessivo è quindi un prodotto anonimo e da piattaforma televisiva, più adatto a una fruizione distratta sul divano di casa che alla visione su grande schermo. Un peccato, visto il buon potenziale del soggetto di partenza.
di Juri Saitta