Tre colori – Film blu
Le recensioni di Tre colori - Film blu, di Krysztof Kieslowski, a cura di Gianlorenzo Franzì e Michela Manente.
La recensione
di Gianlorenzo Franzì
Liberta e dolore.
Primo film della trilogia dei colori di Krysztof Kieslowski, già autore di quell’opera immensa in dieci capitolo che è Il Decalogo. L’autore, nel 1993, guarda invece alla bandiera francese, ai suoi colori e alla triade libertè, egalitè, fraternitè. Poco importa se il riferimento è impreciso: il blu si riferisce agli elementi naturali, simbolo di serenità e malinconia, il rosso alla rabbia e allo spargimento di sangue, il bianco la purezza della pace e del divino. Anche perché a ben guardare, questo Film Blu prende il primo colore e declina la parola libertà dimenticandone completamente – e giustamente – il significato politico, e riallacciandosi invece ad una dimensione individuale. Julia (Juliette Binoche) perde il marito e la figlia in un incidente nel quale lei rimane illesa. Pensa al suicidio, non trova la forza e allora si aggrappa alla vita cambiando casa e liberandosi da tutti gli oggetti della sua vecchia vita.
Libertà è dolore?
Il passaggio è doloroso, essere completamente liberi presuppone abbandonare tutto ciò e tutti coloro che stanno intorno. Sciogliendosi come l’acqua nel flusso esistenziale. Film Blu è un’opera pienamente kieslowskiana nel momento in cui ricerca il minimalismo con l’immagine, riuscendo a dare al silenzio una piena, vertiginosa dignità. La narrazione sembra allora sciogliersi, slegarsi da ogni costrutto sintattico e perdersi in un labirinto emotivo, un girotondo di anime e fatti inessenziali disegnati dal regista e dal fido Krysztof Piesiewicz, accarezzando i rapporti umani e le loro sfaccettature. Fino a diventare quasi un duello a due: da una parte il dolore e dall’altra la musica, in un film concerto mentale carico di simbolismo e dettagli premonitori (e in questo forse Film Blu è una delle opere invecchiate peggio nella filmografia del regista polacco) che incrocia Caso e Destino, quasi come fosse un riflesso virato in blu di Irene Jacob ne La Doppia Vita di Veronica.
La recensione
di Michela Manente
Tre colori – Film blu è il primo capitolo della Trilogia del maestro polacco Krzysztof Kieślowski, basilare e solido pezzo del puzzle che mette al centro i sentimenti, la morte, la vendetta e la passione, associandovi la cromatologia del tricolore francese. Nel film, a partire dall’indimenticabile prologo della narratività universale kieslowskiana, assistiamo alla storia della dolorosa ricerca di una giovane donna, Julie (Juliette Binoche), vittima della separazione dai suoi cari a causa dell’incidente stradale che le ha portato via, senza possibilità d’appello, il marito e la figlioletta. Ma chi è questa donna? E chi era suo marito? Per saperlo lo spettatore è indotto a lasciarsi conquistare dalla musica, dalla colonna sonora realizzata dal polacco Zbigniew Preisner (compositore anche per La doppia vita di Veronica), ma anche dalla partitura del concerto oggetto della storia (il marito era un compositore e direttore d’orchestra di fama), il concerto lasciato incompleto e che l’Europa attende.
Julie vuole rimanere sola nel suo lutto inconsolabilmente vivo negli occhi languidi, sola anche in un anonimo appartamento a Parigi. Ma vuole anche conoscere poiché la conoscenza non le è preclusa dal suo cammino. Dalla ricerca di Julie, anticipata da una variegata simbologia esplicita e ricorrente, emergono le verità dolorose sul passato del marito e sulle sue “altre” vite. La corsa verso la libertà della donna, e in seguito di altri personaggi, prenderà il volo nelle successive “puntate” della Trilogia dei colori del maestro polacco, che ha realizzato il trittico tra il 1993 e il 1994, poco prima della sua inaspettata dipartita (dopo Film Blu, vincitore del Leone d’Oro a Venezia nel ’93 – ex aequo con America oggi di Robert Altman – uscì Film Bianco con July Delphey e poi Film Rosso con Iréne Jacob, epilogo in cui si incontrano tutti i protagonisti della Trilogia ideata in onore del motto francese Libertà, Uguaglianza, Fratellanza).
La protagonista Julie è il perno assoluto della pellicola, in maniera avvincente ed ipnotica: il suo passato, presente e futuro si intrecciano in un percorso di liberazione progressiva disseminata di simboli anticipatori in questo processo di ritorno alla vita, rappresentato metaforicamente dai ripetuti tuffi in acqua che, dall’apnea immersiva, la riportano a respirare l’aria della sua esistenza. La musica onnipresente, le relazioni inizialmente timorose (con Olivier, interpretato da Benoît Régent, amico e collaboratore del marito), gli incontri, la capitale francese sono il palcoscenico che esalta questa vicenda di ambientazione europea in cui l’intensità dei sentimenti e le emozioni sono esaltate dal volto di Binoche.
A trent’anni dall’uscita in sala, grazie a Lucky Red, Tre colori – Film Blu torna sul grande schermo con un restauro in 4k che rivitalizza quello sguardo di donna (nel 1993 Juliette Binoche vinse a Venezia, per questo ruolo, la Coppa Volpi), per ritrovare, al colmo della rassegnazione disperata del tentato suicidio, la libertà spezzata da un tragico destino ma riconquistata con una forza pari a quella di Giovanna D’arco.
di Gianlorenzo Franzì e Michela Manente