Diva futura
La recensione di Diva futura, di Giulia Louise Steigerwalt, a cura di Roberto Baldassarre.

Diva futura è tratto da “Non dite a mamma che faccio la segretaria” di Debora Attanasio, giornalista e scrittrice che per oltre un decennio fu l’assistente/factotum di Riccardo Schicchi. Un libro di memorie nel quale si ripercorrono quei formidabili anni, e in particolare la luminosa, unica e folleggiante figura di Schicchi, produttore e mecenate che ha creato e gestito, fino alla morte avvenuta nel 2012, l’agenzia Diva Futura. Riccardo Schicchi, interessato all’erotismo sin dall’infanzia, è stata una personalità fondamentale nell’hard nostrano. Con la sua visione imprenditoriale, e finanche (pseudo)artistica, ha cercato di mettere ordine nella caotica, sozza e dilettantesca industria del cinema hard tricolore, che agli albori degli anni Ottanta era fatta di attori improvvisati, locations arrangiate e tecnica scadente. Certo, non che i suoi film fossero migliori, soprattutto a livello tecnico, però sebbene fossero prodotti di consumo prettamente pornografico, erano sostenuti da idee politiche, sociali e libertarie.
Il porno come arma CULturale per pungolare e smascherare l’ipocrisia italiana, impregnata perennemente di DC. La principale innovazione nell’hard apportata da Schicchi fu proprio quella di creare un’agenzia che fungesse da scopritore di talenti. Una factory con cui scovare e coltivare attrici, che da sempre sono state le vere trascinatrici del genere. Cicciolina, Moana Pozzi, Ramba ed Eva Henger sono soltanto i nomi di punta, in un ricco harem di belle donzelle. E tra queste perle, anche Rocco Siffredi. Per comprendere bene cosa è stato quel fenomeno, bisognerebbe recuperare l’istant movie celebrativo Diva futura – L’avventura dell’amore (1989) a firma Cicciolina ma in realtà diretto da Arduino Sacco. Non soltanto per vedere lo stuolo di stelle e stelline sotto contratto dell’agenzia, ma anche per comprendere la filosofia di Schicchi. Un porno-soft nel quale conta più la trattazione di seri temi sociali (il pericolo dell’HIV, la repressione sessuale, la chiesa bigotta) che le prestazioni sessuali delle attrici.
Solo tenendo in conto tutto questo che si può accogliere e valutare Diva futura (2024) di Giulia Louise Steigerwalt. Una volenterosa narrazione cinematografica che vuole rievocare la perspicace, quanto sgargiante e arrischiata, figura di Riccardo Schicchi dai primi successi fino al decadimento fisico (la malattia che lo ha portato alla morte) ed economico (debiti e arresti). E per raccontare questa ascesa/caduta, il tutto inizia in media res nel 1994, ossia gli ultimi e veri gloriosi bagliori dell’agenzia. La morte del pitone Tinta per un topolino (nella realtà era un criceto) preannuncia le prime crepe di quel mondo: l’imponente rettile, allegoria della lussuria, è ucciso da un piccolo roditore, simbolo della normale e mediocre mentalità della società. Ma il decadimento economico di Schicchi, come è anche raccontato nel film, è soprattutto causa del radicale cambiamento della fruizione dell’hard e della mala gestione affaristica.
Con l’avvento di Internet, che offre tutto e subito gratis o a prezzi irrisori, quella concezione industriale, fatta di stipule di contratti per più anni, studi cinematografici e collaborazioni con abili tecnici, era ormai passata. Oltre al fatto che il porno, notoriamente, è un ambiente in cui facilmente penetra il malaffare. Droga e prostituzione (e riciclaggio di denaro sporco) sono quasi la prassi per giovani starlet che hanno accettato questo professione. Tutti elementi e vicende presenti in Diva futura, che però non riesce a centrare l’obiettivo. Attraverso un ritmo filmico che riecheggia i Mafia Movies di Martin Scorsese (la presentazione dei personaggi o la retata della polizia), il film non riesce a mettersi al passo di Larry Flynt – Oltre lo scandalo (The People vs LarryFlynt, 1996) di Miloš Forman e Boogie Nights – L’altra Hollywood (Boogie Nights, 1997) di Paul Thomas Anderson. Due opere che erano riuscite benissimo a descrivere l’entrata della pornografia nell’altrettanto bigotta società americana. Diva futura si attesta su una rievocazione che resta in superficie, propensa più alle stravaganze di Schicchi e ai suoi romantici amori, che alla descrizione della società italiana di allora.
O la completa elisione di alcune trovate di dubbio gusto partorite da Schicchi: la realizzazione di un porno con protagonisti la stellina Gessica Massaro e il mostro di Firenze Pietro Pacciani. E la pecca di Diva futura si ravvisa anche nella poca audacia nel mostrare il porno, azzardando nel mostrare – in maniera molto discutibile– il corpo nudo Moana, ormai corroso dalla malattia. Di positivo resta la buona prestazione di Pietro Castellitto, che incarna uno Schicchi dinoccolato, sognatore e sempre ironicamente filosofico, oltre al recupero di materiale d’archivio che riporta più vividamente la scossa CULturale che diede Riccardo Schicchi alla comunità.

di Roberto Baldassarre