A new kind of wilderness
La recensione di A New Kind of Wilderness, di Silje Evensmo Jacobsen, a cura di ignazio Senatore.

Come etichettare il delicato e commovente A new kind of wilderness, per la regia Silje Evensmo Jacobsen? La struttura è quella del documentario ma, a ben vedere, la regista norvegese riscrive il genere, spruzzando il doc con un tocco di pura poesia. Protagonisti la fotografa norvegese Maria e i piccoli Frej, Ulv, Falk, nati con l’inglese Nik.
La famiglia vive in una fattoria norvegese, nel bel mezzo di un bosco, lontana dai clamori del mondo. Per stare ancora più insieme, Maria e Nik non mandano i figli a scuola e insegnano loro a leggere e scrivere. Maria muore falciata da un cancro e Nik, privato del suo supporto economico, è costretto, a malincuore, a vendere la fattoria e a trasferirsi in città. I figli iniziano a frequentare la scuola e l’impatto con gli altri compagni di classe, non è indolore. Sommerso dai dubbi, Nik medita di trasferirsi con i figli in Inghilterra, dove vivono il padre e un fratello, proprietario di una fattoria. Ma Frej, Ulv, Falk si integrano a scuola e Nik decide di rimanere con loro in Norvegia. Una storia, se vogliamo semplice, velata da un pizzico di malinconia, declinata con rara dolcezza e sensibilità.
Tratto da una storia vera, la regista mescola la narrazione con le foto scattate da Maria Gros Vatne, deceduta nel 2019 e inserisce la sua voce off. A spezzare il clima idilliaco che si respira nelle prime scene, quella di una famiglia che vive serena e felice a contatto con la natura, è la morte di Maria. Silje Evensmo Jacobsen non punta, però, a rigare le guance dello spettatore ma, con garbo, lascia la malattia sia sullo sfondo. Il personaggio di Nik, pieno di dubbi e ancora profondamente innamorato di Maria, è ben scolpito, come quelle delle tormentate Frej e Ronja, figlia di Maria, nata da una precedente ralezione. Premiato al Sundance lo scorso anno, A new kind of wilderness è impreziosito sui titoli di coda dallo splendido brano “I waited for you”, composto e eseguito da Daniel Norgren.
di Ignazio Senatore