Una nuova amica

La bocca si apre languida per accogliere il bastoncino del rossetto, gli occhi spalancati sbrilluccicano di rimmel… L’ultimo film di François Ozon si apre su una seduta di cosmesi che si rivelerà – trucco nel trucco – ben altra cosa da ciò che immaginiamo (e che qui conviene non svelare). La prima sequenza di Una nuova amica mette subito le carte in tavola: si racconterà di apparenze, aspettative, pregiudizi, e degli scarti improvvisi che l’amore e la vita possono offrire, spiazzandoti ogni momento.

Claire (Anaïs Demoustier) ha promesso all’amica morente di prendersi cura della figlia appena nata ma anche del marito David (Romain Duris). E già un’affermazione del genere, pronunciata in chiesa davanti alla platea in gramaglie, risulta piuttosto irreale: sarà stato contento Gilles (Raphaël Personnaz), il suo proprio consorte, di dovere spartire le attenzioni di Claire con un altro uomo?

Misurati col metro della verosimiglianza, gli sviluppi appaiono ancora più grotteschi: tra la neonata e il vedovo il più problematico è il secondo, perché la morte di Laura gli ha fatto tornare la vecchia tentazione di travestirsi da donna. Claire lo scopre un giorno in gonna e parrucca bionda; superato lo choc, intreccia con lui/lei una «nuova» amicizia, se lo porta in giro a fare shopping e prendere il tè, lo ribattezza Virginia e tiene, finché può, il segreto con Gilles e tutti gli altri.

Nella partita a quattro c’è anche Laura, l’amatissima amica scomparsa, un fantasma sentimentale che fa da mezzana tra Claire e David, in un gioco che alterna attrazione e repulsione, e annulla le certezze sessuali sconvolgendo ogni definizione di genere. Ozon traffica con le inquietudini transgender e non si fa problemi a inzupparle di tanto in tanto nella fiaba (a inizio e fine film si cita evidentemente La bella addormentata), giocando con lo spettatore una partita continuamente sparigliata dalle pulsioni dei personaggi e dalle loro conseguenze. Nel frattempo i protagonisti crescono guadagnando nuova consapevolezza, non senza incidenti: l’arco del personaggio, come direbbero gli sceneggiatori americani, fa su e giù, rischiando ogni momento di spezzarsi in tragedia ma guadagnandosi alla fine l’happy end.

Ozon aveva letto il raccontino della giallista inglese Ruth Rendell (una quindicina di pagine che si concludono con la ragazza che uccide il travestito) all’inizio della carriera, e aveva già tentato di farne un cortometraggio. Raffinata e aumentata, l’idea di base si è arricchita di nuovi ingredienti e motivazioni (dall’elaborazione del lutto alla scoperta della maternità), facendogli venire il desiderio di trasformarlo in un film vero e proprio. Che è oggi una delle sue opere migliori, o se non altro fra le sue più «rotonde».

In una riga, Una nuova amica si potrebbe definire una «Pretty Woman che visse due volte ripensata da Almodovar». Hitchcock, il suo nipotino De Palma, Parla con lei, il melò alla Douglas Sirk sono tutti riferimenti plausibili e in parte dichiarati ma lo stile e le atmosfere rimangono comunque puro Ozon: sotto le inquadrature geometriche e lo humour raggelato si agitano sentimenti contraddittori e tentazioni morbose (si sfiora perfino la necrofilia), che stavolta sembrano portare a compimento, dare uno sfogo ai turbamenti e ai malesseri che nutrivano Swimming Pool e Giovane e bella, senza rinunciare del tutto al gusto parodico che offre l’altra metà della sua filmografia, quella pop di Potiche. Ozon continua a giocare con l’alto e il basso, alterna cuoricini intagliati nel legno e momenti di erotismo scabroso, passaggi da pochade e sogni da psicanalizzare, mentre la colonna sonora mette fianco a fianco Camille Saint-Sens e Katy Perry, Mozart e Une femme avec toi di Nicole Croisille, rifacimento d’epoca di una nostra canzonetta cantata da Mia Martini.

Una nuova amica esce in Italia in un momento piuttosto rovente sul dibattito sulle coppie omosessuali, con una querelle internazionale che ha coinvolto Elton John e gli stilisti Dolce & Gabbana. Gay dichiarato, Ozon non nega di aver voluto dire la sua sull’argomento («il mio obiettivo era far scoprire agli uomini il mondo del travestitismo in maniera gentile, con humour e delicatezza») ma il suo film non intende essere bandiera per opposte fazioni o messaggio scandaloso per platee culturalmente retrive. E’ un film di Ozon, e come tale potrà sembrare intrigante o irritante ma riuscirà comunque stimolante.

Un contributo fondamentale alla sua riuscita viene dai due attori principali. Romain Duris si cala nel doppio corpo di David e Virginia con una misura eccezionale: nel film ha quasi sempre il fard e gli occhi bistrati e anche quando appare al naturale la sua identità maschile di base ribolle continuamente d’istinti e sguardi femminili. E la tenera Anaïs Demoustier, occhi sgranati e cuore ferito, conquista tutti con il suo accidentato percorso da minuta ragazza androgina alla donna che matura una propria consapevole femminilità. Nel piccolo ruolo della mamma di Laura c’è anche Aurore Clément.

TRAMA

Claire e Laura sono amiche fin dall’infanzia: insieme studiano, crescono, hanno i primi amori, si sposano. Alla morte prematura di Laura, Claire si fa carico della figlioletta appena nata e di David, il vedovo, scoprendo presto che l’uomo ha il vizio privato di vestirsi da donna. Claire decide di assecondarlo, cominciando con lui una relazione d’amicizia tutta al femminile. Una strana felicità sembra invaderla ma la doppia identità di David comincia a sfuggire al suo controllo e il marito comincia a sospettare…


di Alberto Anile
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