Un film Minecraft
La recensione di Un film Minecraft, di Jared Hess, a cura di Roberto Baldassarre.

Probabilmente è molto meno iconico e avvincente di altri videogame apparsi in questi ultimi quarant’anni, però resta il fatto che Minecraft è il videogame più venduto della storia. Creato nel 2009 dallo svedese Markus Persson, è stato velocemente sviluppato nel 2011 dalla Mojang Studios. Rispetto a tanti altri videogame, con livelli da superare per raggiungere la vittoria finale, Minecraft non ha sostanzialmente nessun obiettivo, poiché ogni giocatore può scegliere come portare avanti la propria partita. Ci si può divertire a costruire case o ambienti urbani; ci si può avventurare per esplorare quel virtuale e infinito cubico mondo; si può decidere di affrontare finalmente il Drago dell’End, il super-malvagio del gioco e, quando lo si uccide, ricominciare dall’inizio, come se niente fosse. Tanti altri giochi (da tavolo o Arcade) di successo sono stati trasposti al cinema, e il problema è sempre stato quello di adattare la trama filmica allo schema del prototipo ludico, e al contempo convogliare le peculiarità del gioco al formato cinematografico.
In Un film Minecraft (A Minecraft Movie, 2025) di Jared Hess si riscontra lo stesso problema. Soprattutto perché gli sceneggiatori (ben 5) hanno dovuto inserire nel “quieto modello” un vero obiettivo finale. Anzi, tre: quello spettacolare, quello emotivo (i rapporti di amicizia e di affetto tra gli umani); il classico Coming of Age. E se il primo porta il film verso una fisionomia simil Marvel, come attesta il mega scontro finale tra bene e male (oltre a uno pseudo-multiverso), gli altri due sono i consolidati fattori narrativi e morali che alimentano la stragrande maggioranza dei film per bambini e adolescenti. In sé Un film Minecraft funziona, perché porta a compimento gli obiettivi che si era prefissato, con la giusta dose di spettacolo, l’opportuno umorismo (tra demenziale e moderato) e il messaggio finale: uniti si vince. L’insoddisfazione si presenta nel constatare che Jared Hess, regista del cult “irriverente” Napoleon Dynamite (2004), non abbia osato maggiormente.
Specialmente per quanto riguarda gli emarginati, in questo caso rappresentati dal giovane nerd Henry (Sebastian Hansen), tratteggiato purtroppo in maniera consueta, da corretta commedia americana. Come ugualmente è abbastanza sconsolante vedere Jack Black vestire gli usuali panni di grande e grosso uomo adulto restato però allo stato adolescenziale. In questo tonitruante spettacolo però vanno estratte due sequenze veramente valide. La prima è il – fake – Found Footage video in cui “Garbage Man” (Jason Momoa) è eletto campione incontrastato dei giochi Arcade del 1989. La seconda, la scena finale, nel quale Garbage Man e Steve (Jack Black) formano uno sgangherato e anacronistico duo musicale.
Ambedue, sono sequenze che rendono un degno tributo affettivo ai lontani anni ’80, in cui i videogame cominciavano a imporsi (e finanche a dettare una nuova cifra stilistica al cinema). Queste due sequenze di rimembranza Eighties paiono estrapolate direttamente da Joysticks (1983) di Greydon Clark, scelleratamente (e furbescamente) distribuito in Italia come Porci con le ragazze, per seguire la scia di Porky’s. Mediocre commedia giovanilistica, fitta di nerd, ragazzi vincenti e ragazze poppute, esprimeva però in nuce tutta la fascinazione per il mondo dei videogame.

di Roberto Baldassarre