Le assaggiatrici
La recensione di Le assaggiatrici, di Silvio Soldini, a cura di Ignazio Senatore.

Dimenticate il Soldini delle atmosfere sospese di Un’anima divisa in due. Non siamo neppure dalle parti delle gustose e travolgenti commedie (Pane e tulipani, Agata e la tempesta), tanto amate da pubblico, nè delle pellicole introspettive e delicate (Il comandante e la cicogna, Il colore nascosto delle cose, 3/19….) Con Le assaggiatrici, Soldini spiazza i suoi fan, e dirige una pellicola ambientata all’estero (Germania) e con lo sguardo rivolto al passato (1943-1944), tratta dall’omonimo romanzo di Rossella Postorino e ispirata alla vera storia di Margot Wolk.
Nel timore che il pranzo o la cena di Hitler possano essere avvelenati, gli Ufficiali delle SS reclutano dieci donne e impongono loro di assaggiare le pietanze, cucinate dal cuoco Krumel, destinate al Fuhrer. Le prescelte, strappate dai loro affetti più cari, recluse in un casermone, sono costrette, in un clima di terrore, a degustare i piatti, sorvegliati da un paio di soldati tedeschi che le minacciano e le tengono, con le loro armi, costantemente sotto tiro. Tra le assaggiatrici, le più battagliere sono Rosa Sauer (Elisa Shloltt), berlinese, sposata con Gregor, un soldato dato per disperso dopo essere stato spedito al fronte, e un’ebrea che, per none essere deportata, ha assunto la falsa identità di Elfriede Khun, Albert Ziegler (Max Riemelt), tenente delle SS, duro e spietato, fa gli occhi dolci a Rosa, che finisce tra le sue braccia. Di tanto in tanto giungono voci dell’avanzata dei russi e della sconfitta tedesca…
Soldini, che si è avvalso, in sede di sceneggiatura, anche del contributo di Cristina Comencini, Doriana Loendeffe Giulia Calenda, non concede vie di fuga allo spettatore e, sin dalle prime batture, immerge la vicenda in un’atmosfera claustrofobica e senza speranza. Soldini pone da un alto i buoni (le assaggiatrici) e dall’altro i cattivi (i soldati tedeschi), ma a ben vedere, i protagonisti della vicenda sembrano tutti ostaggi e vittime di una guerra assurda e sanguinaria. Perfino lo spietato Ziegler è descritto come un ufficiale tormentato da incubi e, sul finale, (troppo caramelloso?) Soldini gli fa vestire i panni di un eroe romantico che, dopo aver sparato, in maniera vile, alle spalle di una delle assaggiatrici, mette in salvo l’amata Rosa, caricandola su un treno che la porterà via da quell’inferno. Tra violenza e sopraffazione c’è anche spazio per sorridere delle fobie hitleriane: vegetariano, non beveva alcolici, né fumava.

di Ignazio Senatore