Il complottista

La recensione di Il complottista, di Valerio Ferrara, a cura di Francesco Parrino.

In un quartiere popolare di Roma, c’è Antonio (Fabrizio Rongione), un barbiere che tormenta i clienti e i vicini di negozio con le teorie che legge online. Nella piccola comunità di quartiere, perfino nella sua stessa casa, né il cognato Ignazio (Antonio Gerardi) né la sua stessa moglie Susanna (Antonella Attili) lo prendono sul serio. Tanto meno quando si convince che i lampioni della città mandano dei messaggi segreti in codice Morse con il loro lampeggiare. Ma quando si presenta la Digos alla sua porta per convocarlo in questore di fronte alla famiglia, la sua credibilità prende una svolta inaspettata. Ovvero Il Complottista, brillante opera prima di Valerio Ferrara, reduce da un trionfale tour per le sale italiane a cura di Piper Film. Un caso cinematografico, un’opera incisiva e ironica che guarda in faccia al nostro presente in chiave tragicomica, ma soprattutto una storia in cui tutti possiamo riconoscerci.

Perché in fondo sono dappertutto i complottisti. Ce n’è uno in ogni famiglia sottolinea Ferrara nelle note di regia: «I complottisti sono adolescenti, sono pensionati, sono cinquantenni, quarantenni, trentenni, e sono spesso marginalizzati, isolati per via delle loro idee radicali, etichettati come dei pazzi. Ma sono veramente così?». Ed è proprio al complottista che dà il titolo al film, il buffo ma tenace Antonio di un bravissimo Rongione, che Ferrara affida la coscienza del racconto. Un punto di vista scenico soggettivo e falsato come può esserlo la vita al giorno d’oggi. Un’epoca in cui il confine tra verità e finzione ci appare sempre più pericolosamente sfuocato in una società dell’informazione dove è paradossalmente la disinformazione a fare notizia. E infatti sono tanti, gli omaggi, alle più celebri teorie del complotto contemporanee.

Satanisti e rettiliani, massoni e banchieri senza scrupoli, Blu-82, referendum pilotati e armi nucleari. Senza contare l’immancabile riferimento al 5G di Bill Gates. Ma tra le risate e la riflessione sociale, Ferrara cova un fragile e tenero cuore narrativo che racconta del senso di solitudine di questi individui. Spesso problematici, la maggior parte delle volte innocui, tristemente solitari eppure capaci di aggregazione nel racconto dei loro pittoreschi e ingenuamente folli deliri, perché alimentati dal naturale bisogno di comunità, comprensione e identità, insito nella natura umana. E immagini dalla costruzione ricercata, un climax spiazzante e tremendamente efficace, e la certezza che con Il Complottista siamo di fronte alla nascita di un giovane autore, Valerio Ferrara, di cui attendiamo con impazienza l’opera seconda.


di Francesco Parrino
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