I limoni d’inverno
La recensione di I limoni d'inverno, di Caterina Carone, a cura di Ignazio Senatore.
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Presentato in anteprima nazionale al Festival del Cinema Europeo, per la direzione artistica di Alberto La Monica, I limoni d’inverno è l’opera seconda di Caterina Carone, che ritorna dietro la macchina da presa dopo Fraulein – Una fiaba d’inverno. (2016).
Pietro Lorenzi (Christian De Sica), professore di lettere al liceo, in pensione, è alle prese con la stesura del suo primo volume sulle donne di talento sottovalutate. Pensieroso, solitario e taciturno, ama prendersi cura delle piante in terrazzo. Eleonora (Teresa Saponangelo) e Luca (Max Malatesta), il marito, affermato fotografo d’arte contemporanea, vanno a vivere nel palazzo di fronte. Complice la passione per il giardinaggio, Pietro lega con Eleonora e, mentre le dispensa i consigli su come curare le piante invase da pidocchi gialli, le confida che è divorziato e senza figli. Eleonora, dal canto suo, le svela che ha messo da parte la passione per la pittura e il disegno, perché poco dotata, ed è diventata l’agente del marito. Luca parte per una personale a New York e tra Pietro ed Eleonora, in crisi con il marito, sboccia una tenera amicizia che riscalda i loro cuori. Pietro spinge Eleonora a riprendere a dipingere e lei, ritrovata fiducia in se stessa, realizza un murales nel suo appartamento. La stesura del volume di Pietro va sempre più a rilento e il testo è pieno di refusi ed errori. Su consiglio di Nicola (Francesco Bruni), un cameriere, dolce e disponibile, che gli ha chiesto di dargli una mano a prendere il diploma, Pietro si sottopone a delle indagini che confermano l’avanzare dell’Alzheimer. Per sua scelta, Pietro decide di allontanarsi da tutti.
Anche questa volta la regista ascolana affida il ruolo del protagonista a un misuratissimo Christian De Sica, affiancato da una Teresa Saponangelo che gli tiene mirabilmente testa. Nelle prime battute Carone sembra scegliere i toni leggeri della commedia intima e, grazie ad una scrittura ben calibrata, ci si affeziona immediatamente ai due pulsanti protagonisti. Il film ha però dei momenti di stasi nella parte centrale e, man mano che scorrono i fotogrammi, con l’avanzare della malattia di Pietro e la confessione di Eleonora di aver perso una bambina, subito dopo avere dato la luce, il tono si incupisce sempre più. Luca è lasciato sullo sfondo e ad offrire delle vie di fuga agli spettatori sono i personaggi di Nicola e di Domenico (Luca Lionello), fratello di Pietro, che dopo aver lavorato anni nelle Poste, ripara da tempo una barca, sognando di viaggiare per mare. Carone cita “Cuore di tenebra” di Conrad, “La metamorfosi” di Kafka e “Guerra e pace” di Tolstoj, ma non cede, per fortuna, nelle disgressioni intellettualistiche.
L’idea di una liason tra due dirimpettai non è una novità al cinema ma, sin dalle prime battute, si intuisce che non siamo dalla parte né de La finestra di fronte di Ozpetek, né de La spettatrice di Paolo Franchi. L’amore tra i due dirimpettai non scatta, ma il loro legame è caldo e sincero perché i due, annusandosi, hanno compreso di essere entrambi soli. Nel complesso il film tiene, ha dei momenti intensi e commoventi, ma, pur non puntando ai fazzoletti, scivola troppo nel sentimentale. Nel cast Agnese Nano. Splendida la fotografia di Daniele Ciprì, musiche di Nicola Piovani.
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di Ignazio Senatore