The Killer
La recensione di The Killer, di David Fincher, a cura di Francesco Ruzzier.

Per essere un killer perfetto bisogna avere una precisione maniacale, seguire il proprio metodo senza esitazioni, non lasciarsi distrarre da nulla e non abbandonarsi mai alle emozioni. Un killer deve studiare nel dettaglio ogni ambiente e ogni vittima, non deve mai lasciare traccia di sé. Dev’essere un fantasma senza identità.
Con The Killer, David Fincher adatta l’omonima graphic novel di Alexis Nolent e Luc Jacamon, torna a collaborare dopo quasi trent’anni con lo sceneggiatore di Seven, Andrew Kevin Walker, e racconta la storia di un sicario metodico e apparentemente infallibile che commette un errore e, per la prima volta, perde il controllo sul proprio mondo.
È piuttosto evidente fin dallo strepitoso prologo dagli echi Hitchcockiani di come questo sia un film che dice molto anche del suo autore, della sua visione del mezzo cinematografico e del suo stile nel raccontare le storie. Ossessiva e maniacale nella ricerca della perfezione, la regia di Fincher lavora con spazi e tempi narrativi in modo analitico e precisissimo, intervenendo sulla suspence, sul montaggio e sul sonoro con freddezza calcolata. I capitoli che compongono The Killer rappresentano inoltre una riflessione sulla serialità e sulla reiterazione della struttura narrativa: la ripetizione di mantra, regole e metodo sembra l’unico modo per provare a fare ordine nel caos del mondo.

di Francesco Ruzzier