Fuori
Le recensione di Fuori, di Mario Martone, designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI.

Fuori, di Mario Martone, distribuito da 01 Distribution e in uscita al cinema il 22 maggio 2025 è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:
«Abbandonando qualsiasi ambizione biografica per raccontare l’estate di due amiche che si sono incontrate in carcere e decidono di lasciarsi andare alla deriva, Mario Martone trova non solo l’approccio giusto per raccontare un personaggio complesso come Goliarda Sapienza, ma anche la chiave per arricchire di sfumature il suo approccio realista, rimescolando i piani temporali e disallineando le immagini mentali. Grazie anche alla straordinaria prova delle sue attrici».

La recensione
di Mariangela Di Natale
Mario Martone porta in concorso a Cannes 2025 un’opera libera e di grande umanità . Fuori, unico film italiano in gara, liberamente ispirato al libro autobiografico L’Università di Rebibbia (1983) di Goliarda Sapienza, ambientato a Roma nel 1980, racconta la drammatica esperienza carceraria della scrittrice italiana. Goliarda Sapienza finisce in carcere per un furto di gioielli, e lì incontra alcune giovani detenute con cui stringe un legame di amicizia. Uscita dal carcere, in una calda estate romana, Goliarda continua a frequentare Roberta (Matilda De Angelis) e Barbara (Elodie), donne ai margini, unite dalla loro estraneità alle regole del mondo. Ma è con Roberta, un’attivista politica e delinquente abituale, che stringe un legame profondo di complicità e intimità. Una relazione intensa che “fuori” nessuno riusce a comprendere ma grazie alla quale Goliarda ritrova la gioia di vivere e ricomincia a scrivere. Ed è nel negozio di Barbara (Elodie, sorprendente e verace), una profumeria che apre dopo il carcere nella periferia di Roma, che le tre donne si incontrano ricreando la loro cella, tra ricordi nostalgici e confidenze.
A rivestire i panni di Goliarda è una superba Valeria Golino, tanto convincete nel ruolo, fino a combaciare nei suoi gesti, nei suoi tic, che della scrittrice indomita e anticonformista aveva già diretto L’arte della Gioia, presentato al Festival di Cannes l’anno scorso, nel 2024, recentemente premiato ai David di Donatello. Al suo fianco un’energica Matilda De Angelis, selvaggia, passionale, ragazza di borgata che si muove ai limiti della legalità capace di spronare l’autrice ultracinquantenne. Su una sceneggiatura di Martone e di Ippolita di Majo, che parte dai libri di Goliarda Sapienza L’università di Rebibbia e Le certezze del dubbio, Fuori (nelle sale con 01 Distribution) si concentra su un momento intimo e marginale della donna , sull’amore, sé stessa e la scrittura. È anche una storia di amicizia libera, di sorellanza, maternità e desiderio, che esplora il percorso di perdersi e volersi ritrovare.
È un film che oscilla fra dentro e fuori, non solo in contrapposizione alla prigione. Goliarda Sapienza è fuori dai salotti letterari della Roma bene, è fuori dall’editoria che non le vuole pubblicare il libro L’arte della gioia. Una storia che misura il confine tra dentro e fuori, tale da sovrapporlo e confonderlo: dentro e fuori dalla prigione, dagli affetti e dai pensieri. Un leitmotiv: Dentro-fuori, Fuori-dentro a ridefinire in continuazione i limiti dello spazio e del tempo, fra luoghi chiusi e aperti. Martone richiama a più riprese la dimensione carceraria: ritrae le sue protagoniste attraverso una finestra, in un arco di un tunnel della metropolitana, nella struttura delle panchine di Termini, riportando la visione di Goliarda, cioè non quella di un luogo separato, ma parte della società definendo il suo concetto della “felicità del carcere”, come come atto di ribellione al conformismo alto borghese.
Il regista ci offre un affresco pieno di affetto e amicizia, ma anche la scoperta di una comunità , quella carceraria, luogo intimo, di emozioni e solidarietà, accomodante e meno giudicante, evidenziando come la scrittrice preferisse circondarsi dalla compagnia di ex detenute rispetto ai nobili circoli letterari altoborghesi da cui veniva respinta. La pellicola è un road movie umano, un’indagine sull’inesausta Sapienza, che parla di felicità o “sindrome carceraria” come fuga dall’irrealtà borghese , dalla solitudine e dall’ipocrisia sociale, contrapponendola all’appiattimento e alla banalizzazione che trionfa fuori: “ un ergastolo sociale nelle rigide selezioni del ceto e delle professioni”. Martone ha scelto di ambientare il film attraverso salti temporali, in un montaggio che scompone e ricompone la memoria, tra il periodo in carcere, quello che ha preceduto l’arresto e un presente in cui Goliarda Sapienza vaga in una Roma calda, asfissiante e deserta : da Piazza Euclide a Piazza del Popolo, dai circoli letterari e intellettuali alla periferia di Acqua Bullicante. Un tempo spezzato che è eclatante nelle note di In a Sentimental Mood di Duke Ellington, ma soprattutto nel blues di Robert Wyatt.

La recensione
di Marco Lombardi
Fuori non è un film facile da inquadrare, e questo è sicuramente un pregio: la sensazione finale, tuttavia, è che sarebbe potuto essere di più.
Goliardia Sapienza è la scrittrice che tutti conosciamo, una che ha saputo trasformare i soli cinque giorni di carcere patiti in un’odissea di vita, anche letteraria: dopo la serie sul suo libro più importante, L’arte della gioia, è nato il bisogno di conoscere il personaggio (che, a fine film, vediamo in un’intervista di repertorio: viene trattata malissimo – fors’anche perché donna? – da un certo Enzo Biagi solo perché si era permessa di teorizzare l’elogio del carcere come luogo privilegiato di relazioni umane autentiche). Goliardia Sapienza, in effetti, era solita frequentare dei salotti borghesi umanamente poveri, sicchè la conoscenza in carcere di due ragazze vere quali Roberta (una tossica interpretata da Matilda De Angelis) e Barbara, alias Elodie, è per lei una sferzata di (faticosa, e dolorosa) verità.
Il montaggio di Jacopo Quadri è perfetto, nel suo saper creare un tempo senza tempo dell’anima che unisce magistralmente il presente con il passato in carcere, mentre Roma viene fotografata senza magniloquenza, anche lei umanissima e accogliente (è eccezionale la rappresentazione della Roma Termini che non c’è più a partire da tutta una serie di filmati e fotografie passate, trattate digitalmente). Venendo al cuore del film, che è dato dalle interpretazioni, se Valeria Golino ed Elodie sono bravissime perché a loro agio nei rispettivi personaggi (la Golino racconta un punto di vista borghese che ha conosciuto, mentre Elodie ha attinto con sincerità dalle sue origini popolari), la nota un po’ stonata, quella che qua e là mina la sincerità complessiva del racconto, è l’interpretazione di Matilda De Angelis che compensa la poca esperienza di vita, rispetto a Roberta, con un’interpretazione un po’ sopra le righe, talora lievemente “urlata”.
di Mariangela Di Natale e Marco Lombardi