Diamanti
La recensione di Diamanti, di Ferzan Ozpetek, a cura di Marco Lombardi.
Quanti strati di umanità possono avere le donne? Tanti, come le lasagne che (non a caso) la bravissima Mara Venier prepara in abbondanza in occasione della festa della sartoria Canova, specializzata in costumi per il cinema e gestita da due sorelle, interpretate magistralmente da Luisa Ranieri e Jasmine Trinca.
Forse Ozpetek, in questi strati, ha messo dentro un po’ troppi ingredienti (il coraggio, la determinazione, la fragilità, la paura, la follia, l’ingenuità, l’intelligenza, la fantasia, il rimpianto, l’amarezza, la ribellione) e seguito un po’ troppo le “ricette” del mercato contemporaneo, cosi perdendo in freschezza e libertà creativa fino a saturare il piatto in direzione di una sapidità molto spinta, ma l’interpretazione di queste attrici è così buona e riconoscibile, nelle loro specifiche diversità, che alla fine quella lasagna risulta appetitosa.
Gli uomini sono pochi, e pure poco saporiti o addirittura “scaduti”, ma è lo stesso chef/regista a confessare esplicitamente questa scelta all’interno di una cornice narrativa (che molto funziona) in cui, all’inizio e poi più avanti, incontra le attrici per spiegare loro i personaggi, un po’ come fa Boccaccio all’inizio del Decameron, anche se forse nel (seppur bel) finale si fa prendere la mano con qualche minuto autocompiaciuto di troppo.
Insomma, Diamanti è il ritorno di Ozpetek al suo cinema migliore, quello della coralità e della direzione delle attrici, impreziosito – come era già avvenuto con La finestra di fronte – da un brano finale di Giorgia, intitolato appunto Diamanti, la cui voce riesce a esprimere benissimo la lieve melodrammaticità dei suoi film.
di Marco Lombardi