C’era una volta Napoli

La recensione di C'era una volta Napoli, di Ciro Ippolito, a cura di Ignazio Senatore.

E’ delizioso il doc C’era una volta Napoli, scritto, diretto e montato da Ciro Ippolito, presentato in questi giorni alla Festa del Cinema di Roma. Il film si apre con Ippolito che, con il suo Maggiolino scoperto, conduce Marco Giusti a Napoli, nei luoghi della sua infanzia.

Nato nei pressi della Stazione Centrale del capoluogo partenopeo, il regista-attore ricorda al suo mentore che, quando era bambino, credeva di vivere a Broadway. Al tempo, infatti, nel raggio di pochi metri dalla sua casa natale, erano in funzione l’Orfeo, l’Argo, la Sala Iride e la Sala Umberto, cinema che richiamavano centinaia di spettatori al giorno.

Dopo gli omaggi a Gustavo Lombardo, fondatore della Titanus, e Peppino Amato, altro produttore napoletano, Ippolito ricorda Roberto Amoroso, autore dei reportage delle 4 giornate di Napoli e della ripresa della storica fucilazione del marinaio, ucciso dai nazisti, davanti all’Università di Napoli.

I due fanno, poi, un salto a Castellamare di Stabia per visitare il cinema da duemila posti, ormai in disuso, fatto costruire da Natale Montillo regista dei film La sposa e Luna rossa.

La scelta vincente di Ippolito nel suo C’era una volta Napoli è quella di non impaginare un doc autoreferenziale, ma di rendere omaggio a Napoli, patria del cinema degli albori. Non a caso, nelle prime battute, fa un salto nel cinema di Alberto Bruno, collezionista di locandine cinematografiche, dove si proiettano solo film in 35mm e mostra, poi, un frammento tratto da E piccerellla di Elvira Notari, pioniera del cinema muto e prima regista donna.

Nel corso del doc, Ippolito snocciola una serie di gustosi e divertenti aneddoti e mostra dei frammenti tratti dai suoi film più famosi (Lacreme napulitane (1981), Pronto Lucia (1982), Zampognaro innamorato (1983), interpretati da Mario Merola, Angela Luce, Carmelo Zappulla e Regina Bianchi), grazie ai quali ha rispolverato i fasti legati alla sceneggiata napoletana. Più in sordina, stranamente, i riferimenti ad Arrapaho (1984), film diretto dal regista napoletano, diventato oggi di culto. Ma a ben vedere, grazie alla verve e alla simpatia di Giusti, la vera forza del film è nell’aver creato delle scenette divertenti. Nella prima il critico cinematografico, dopo aver mangiato due sfogliatelle, finge di essere sul punto di morire; un attimo dopo, compare una scena tratta da un film di Ippolito, che mostra un funerale. Nella seconda, Giusti è allarmato perché ha avvertito una scossa di terremoto. Il doc mostra, allora, alcune scene, tratte da Lacreme napulitane, ambientate nel post terremoto dell’80 a Napoli.

Ad arricchire il doc, un travolgente siparietto con Benedetto Casillo, la soave voce di Thayla Orefice che canta Indifferentemente e Reginella e una breve intervista ad Angela Luce, attrice feticcio del regista-produttore.


di Ignazio Senatore
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