Al di là delle montagne
In Al di là delle montagne, il regista Jia Zhang-Ke ripercorre, attraverso la storia privata della ventenne Tao e dei suoi corteggiatori, tre momenti decisivi della storia cinese: la crescita economica e l’ottimismo del 1999, il disincanto dei nostri giorni (2014), la possibilità di una conciliazione tra tradizione e modernità in un ipotetico futuro (2025).
Tutto ha inizio a Fenyang, luogo di nascita dello stesso Jia Zhang-Ke: qui, Zhang, arrogante proprietario di una stazione di servizio, e Liangzi, umile operaio in una miniera di carbone, si contendono l’amore della giovane Tao. La ragazza, alla fine, sceglie Zhang che diventerà un ricco capitalista ad Hong Kong mentre il rivale finirà per ammalarsi di tumore.
Nel 2014, l’entusiasmo, collettivo e personale, si esaurisce:Tao divorzia dal marito e incontra, per l’ultima volta, il figlio Dollar di sette anni, affidato al padre.
Circa dieci anni dopo (2025), ritroviamo padre e figlio in Australia: i due non hanno nulla in comune e per parlare tra loro hanno, significativamente, bisogno di un interprete. Il ragazzo, spiritosamente, risponde a chi gli chiede notizie di sua madre di essere “nato in provetta” ma, ben presto, capirà di non poter fare a meno delle proprie radici e rifiuterà l’imperativo paterno della ricchezza ad ogni costo.
La prima parte del film, con la protagonista divisa tra due uomini, due mentalità, due opzioni di vita fa venire in mente il suggestivo titolo di un incontro svoltosi, anni fa, all’Auditorium di Roma, dedicato al cinema di Bertolucci e Bellocchio: “Quelli che vanno, quelli che restano…”. La questione posta da Al di là delle montagne è esattamente questa: meglio partire – come suggeriscono insistentemente i Pet Shop Boys con Go West – o restare? Meglio rischiare di perdere punti di riferimento e osare, come fa Zhang, o accontentarsi dell’esistente e diminuire le pretese, come fa Liangzi? La risposta dovrà elaborarla il povero Dollar, schiavo fin dal nome, delle aspettative del genitore con pochi scrupoli…
Con una regia fatta di improvvisi scarti narrativi e radicale cambio dei punti di vista, Jia Zhang-ke invita a riflettere sui mondi possibili e sui loro incroci, su una realtà fatta di persone e di luoghi in divenire e sembra dirci che il cammino necessario per raggiungere l’identità e la pienezza è sempre frutto di una libertà di scelta, di cui ciascuno è responsabile, ma che non esclude il ruolo del caso. Se Tao avesse preferito Liangzi a Zhang come sarebbero andate le cose?
Un film “filosofico” e impegnativo con personaggi che si muovono, fuggono, ritornano, non per avere risposte definitive , non per fermarsi ma per poter riprendere, ogni volta, la ricerca di un senso. Il finale è aperto: non si sa cosa accadrà, l’unica certezza è che il viaggio – anche da fermi – continua, come dimostra “Go west” cantata, a tanti anni di distanza, da Tao, stanca ma non vinta.
Trama
Due amici amano la stessa ragazza che, infine, sceglie il più ricco ed arrivista. Successivamente, la coppia si divide, la donna resta in Cina e il figlioletto si trasferisce lontano con il padre. Solo molti anni dopo, il ragazzo sentirà la mancanza della madre e la necessità di ritrovarla…
di Mariella Cruciani