A dire il vero
La recensione di A dire il vero, di Nicole Holofcener, a cura di Emanuele Di Nicola.

Il corpo dell’attrice Julia Louis-Dreyfus recitava accanto a James Gandolfini, uno degli ultimi ruoli in questa vita, nel film girato da Nicole Holofcener dieci anni fa, ovvero Non dico altro (trasmigrazione italiana di Enough Said). Torna ora, con la stessa regista e nella medesima zona narrativa, ma con un partner ovviamente diverso, Tobias Menzies – il Principe Filippo di The Crown – nell’ultimo A dire il vero, traduzione italiana di You Hurt My Feelings in sala dall’8 febbraio. I sentimenti feriti sono quelli di Beth, una scrittrice di mezza età che ha ormai un rapporto antico e consolidato col marito Don, uno psicologo abituato ad ascoltare i problemi degli altri. Quando Beth chiede un giudizio sul suo libro in divenire, la risposta di Don è positiva e lusinghiera, lo scritto è ottimo, se non vede la luce bisogna solo sottoporlo a un altro editore.
Il “vero” del titolo però è un altro: a Don il libro non piace, anzi lo detesta, gli pare fiacco e fallimentare, ma non osa dirlo alla consorte perché preferisce la serenità della consueta routine, invece di un confronto che porta sconvolgimenti. Solo che – come in ogni commedia – interviene l’equivoco, o meglio la dissipazione dello stesso: Beth incontra Dan per strada e, nell’intento di fargli una sorpresa, ascolta una conversazione schietta che non dovrebbe. Il libro è pessimo: ecco la verità. Ed è qui che il film si collega al precedente, non solo per la stessa figura attoriale, ma perché quella storia vedeva due adulti che si avvicinano, forse si innamorano, ma il rapporto viene funestato da una cliente di lei, che fa la massaggiatrice, e inizia a parlare male di lui che è il suo ex marito. Quanto conta una voce? Che influenza ha il giudizio degli altri? Tutto ciò si riversa in A dire il vero, costruito sul tema delle “bugie bianche”: mentire su piccole cose per far piacere all’altro oppure, come Don, perché si vuole evitare qualsiasi conflitto, si è ostinatamente refrattari al confronto. “Non mi guardi in faccia”, dice la moglie: colui che per lavoro decifra il prossimo ha narcotizzato il rapporto coniugale, rinunciando all’onestà in favore di un’apparente tranquillità di facciata.
La scoperta della bugia fa da detonatore al rapporto tra Beth e Don, coinvolgendo le persone a loro intorno. È l’occasione per eseguire un acuto congegno comico, ma anche per mettere i coniugi allo specchio, convocandoli al confronto obbligatorio nella loro vita di coppia. Dovranno imparare a parlarsi davvero, a costo di sopportare la critica e l’opinione dell’altro. A suo modo una commedia del ri-matrimonio. La regista indipendente Nicole Holofcener è cresciuta sui set di Woody Allen, tra cui Hannah e le sue sorelle, e si vede: nella forma povera del mumblecore e nei modi di un cinema post-alleniano, fa ridere e riflettere su un problema difficile da portare sullo schermo, le bugie dette per quieto vivere.

di Emanuele Di Nicola