Mi fanno male i capelli

La recensione di Mi fanno male i capelli, di Roberta Torre, a cura di Alessandro Amato.

Una serie di orme nella sabbia di una spiaggia, a pochi metri dal mare che avanza pronto a cancellarle dal mondo, ancestrale metafora della precarietà umana. Una donna non più giovane ma nemmeno di mezz’età, fragile e malferma, mentre con lo sguardo cerca non si sa bene cosa intorno a sé, completamente persa. Qualcuno le si fa incontro e le chiede come sta, se ha bisogno di aiuto, e poi finalmente il marito della donna giunge per riportarla a casa. Ma lei non lo riconosce.

Con queste dolci e dolenti immagini, sulle altrettanto dolci e dolenti note del giapponese – storico collaboratore di Wong Kar-Wai ma anche della regista – Shigeru Umebayashi, si apre Mi fanno male i capelli di Roberta Torre. Monica, così si chiama il personaggio, è affetta dalla sindrome di Korsakoff, una brutta malattia neurologica che le cause una lenta e ineluttabile perdita della memoria. Il marito Edoardo, per portarla lontano da Roma e poterla seguire, si è indebitato fino al collo ed è costretto a mentirle in quei pochi momenti di lucidità che il morbo permette.

Da questo isolamento scaturiscono varie situazioni in cui Monica si aggrappa ai film interpretari dalla sua omonima Monica Vitti per riuscire a comunicare ciò che prova. Un meccanismo che, a dire della regista, ha comportato una lunga fase di ricerca negli archivi allo scopo di far intervenire la grande attrice del passato (con la partecipazione di Alberto Sordi) negli snodi chiave della storia.

Ne deriva un’opera ambiziosa e sostanzialmente riuscita, capace di farsi omaggio non polveroso a colei che forse ha meglio rappresentato l’autodeterminazione femminile nel cinema italiano della sua epoca, giungendo ad ispirare più generazioni di attrici successive. Fra queste Alba Rohwacher, protagonista in stato di grazia – notevole il suo lavoro mimetico (non parodico) su fisicità e sguardi della Vitti – insieme ad un insolitamente sobrio Filippo Timi. Un film pieno di specchi e finestre, che ci ricorda quanto è importante pensarsi sempre nuovi, come la luce sullo schermo di un cinema.


di Alessandro Amato
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