Speciale cinema sotto l’ombrellone

Le firme di CineCriticaWeb vi suggeriscono le loro visioni del cuore per un'estate cinefila.

Juri Saitta sceglie
Quando la moglie è in vacanza

La vacanza immaginata. Mentre la moglie e il figlio sono via per la stagione estiva, Richard Sherman resta a Manhattan per lavoro. Qui l’uomo si prenderà una sorta di “pausa” dalla propria quotidianità soprattutto grazie all’incontro con la giovane e attraente vicina di casa (Marilyn Monroe), con la quale passerà un paio di serate tutto sommato innocenti, ma sulle quali la sua mente ricamerà non poco. La ragazza, della quale non viene mai pronunciato il nome, rappresenta qui i sogni erotici degli americani anni ’50 e, infatti, la “vacanza” in città del protagonista è in un certo senso più onirica che reale, come dimostra  la struttura stessa dell’opera, che non si sviluppa tanto sul volutamente esile intreccio narrativo, quanto sui sogni a occhi aperti di Sherman, mostrati con alcune brevi sequenze auto-conclusive che descrivono i desideri, i timori e i sensi di colpa dell’uomo, perfetto esempio di quell’americano medio che Billy Wilder ha da sempre saputo raccontare con arguzia, ironia e senso critico.

Mariella Cruciani sceglie
Io, il tubo e le pizze

L’Io del titolo è Ugo Gregoretti – giornalista, documentarista, cineasta – il tubo (catodico) allude alla Tv e le pizze sono le scatole della pellicola cinematografica. Il film, inedito e postumo, è consigliato per l’ironia, l’intelligenza, la leggerezza, lo stile colto e popolare insieme: funziona come una macchina del tempo che ci riporta ad un’Italia del passato, ingenua e semplice ma anche vitale ed allegra e ci fa riflettere su quella di oggi. Il progetto, nato nel 2015, vede solo oggi la presentazione al pubblico a causa di diverse vicissitudini e delle precarie condizioni di salute di Gregoretti, scomparso nel 2019. Nel film, il regista – già ottantasettenne – funge da narratore e ci regala un caleidoscopio di filmati, brani di repertorio, interviste e anche un frammento di un episodio del suo film I nuovi angeli (1962). Non mancano, infine, siparietti familiari comici con il figlio Filippo e la nuora cinese, affettuosi accompagnatori in questo viaggio.

Boris Schumacher sceglie
tre film ambientati in estate, tre coming of age per una simpatica, fresca e vitale mini maratona estiva

Mid90s

Uscito nel 2019, l’esordio alla regia di Jonah Hill – ambientato a Los Angeles a metà anni ’90 – è ancora inspiegabilmente inedito in Italia. Il tredicenne Stevie vive con la madre e il fratello maggiore, che non perde occasione per menarlo. Un giorno in un negozio per skaters conosce un gruppo di ragazzi più grandi di lui e ne diventa la mascotte, parte integrante delle loro scorribande in giro per la città a bordo degli inseparabili skateboard. Stevie inizia a condividerne anche gli eccessi, l’alcol, le droghe leggere, le acrobazie più spericolate sulle due ruote che gli fruttano le prime “ferite di guerra”, nonché il rispetto e l’amicizia del resto del gruppo. Mid90s è un ispirato coming of age, diretto con mano sicura da Hill, che dimostra talento e maturità anche in fase di scrittura, riuscendo a calarsi alla perfezione in un decennio, i Novanta, in cui è cresciuto e si è formato. Il suo approccio ai ‘90 e all’ultima generazione venuta su prima dell’era digitale è rispettoso e filologico, con uno sguardo diretto e autentico, partecipe e empatico, mai distante o moralista. Colpisce la spontaneità e la naturalezza con cui vengono raffigurate l’amicizia tra i ragazzi, le loro dinamiche interne e il senso d’appartenenza a un gruppo a cui ancorarsi per evadere da realtà familiari difficili e controverse. La colonna sonora è composta da brani firmati da gruppi come Nirvana, Cypress Hill e Wu-Tang Clan a cui si aggiungono le note – intime e profonde – composte per l’occasione dal duo formato da Trent Reznor e Atticus Ross, autori di quattro brani strumentali che si sposano alla perfezione con le immagini del film. 

Short Skin – I dolori del giovane Edo

Short Skin è l’esordio nel lungo di finzione del regista fiorentino Duccio Chiarini. Edoardo, diciassettenne pisano timido e impacciato, ha una malformazione al prepuzio che gli impedisce di avere rapporti sessuali e di provare piacere nella propria intimità. Mentre trascorre l’estate sul lungomare toscano, tutto intorno a lui sembra ruotare intorno al sesso, dall’amico Arturo che è ossessionato dall’idea di perdere la propria verginità alla sorellina che sembra avere come unico interesse la ricerca di una canina per fare accoppiare Teagan, il cane di famiglia. Edo, insicuro e impaurito nell’approccio con l’altro sesso a causa del suo problema fisico, è da sempre attratto da Bianca, coetanea vicina di casa arrivata come ogni anno da Milano per trascorrere le vacanze. Sarà invece l’incontro casuale con un’altra ragazza e l’improvvisa crisi coniugale dei suoi genitori a spronarlo ad affrontare e a risolvere i suoi problemi. Ispirato in parte alla graphic novel di Gipi LMVDM e ad alcuni ricordi ed esperienze autobiografiche, Short Skin è una commedia di formazione lieve e delicata. Un piccolo film, ben scritto, diretto e interpretato che nello spirito e nella sensibilità si dimostra più vicino al cinema indipendente americano che non a quello di casa nostra. Divertente, vitale e genuino, mai becero o superficiale nonostante sia incentrato su un argomento che in altre mani avrebbe rischiato un approccio pecoreccio e volgare, il film ha dalla sua le belle musiche dei Woodpigeon, rock band canadese, caratterizzate da sonorità morbide e delicate, non prettamente riconducibili ai luoghi in cui si svolge la storia.

Moonrise Kingdom

Siamo nell’estate del 1965 nell’isola di New Penzance, piccolo angolo di paradiso incontaminato del New England. Suzy, dodicenne inquieta e ribelle, si allontana da casa dove vive con i suoi genitori e i tre fratellini per lanciarsi in una fuga insieme a Sam, un coetaneo che si trova nel campeggio scout dell’isola. Il settimo film di Wes Anderson, caratterizzato come sempre da uno stile recitativo dimesso e stralunato e dalla consueta e minuziosa cura scenografica, è intriso di una comicità unica e irresistibile. Moonrise Kingdom è una favola a lieto fine, un romanzo di formazione dolceamaro incentrato su due ragazzini fuori dagli schemi, sensibili e vitali a differenza del mondo apatico e triste che li circonda. Il tutto ripreso e filtrato dallo sguardo surreale ma al contempo partecipe di Wes Anderson, uno dei pochissimi autori contemporanei che è riuscito a costruire uno stile unico e personale, riconoscibile a prima vista da ammiratori e detrattori.

Emanuele Di Nicola sceglie
Swimming Pool

In estate una valida alternativa al mare rimane sempre la piscina. Il genio di Ozon si tuffa nel 2003, oltre vent’anni fa, ma lo spaesamento è contemporaneo: una scrittrice arriva nella villa dell’editore, Charlotte Rampling, dove incontra la figlia che è una ninfa sul materassino, Ludivine Sagnier. È l’innesco di un racconto che scioglie la realtà nella finzione, rende arduo capire cos’è vero e racchiude in sé tutto il mistero del cinema ozoniano: riscrivendo La piscina di Deray, è un gioco di specchi e rifrazioni che si consuma sulla superficie dell’acqua, andando all’improvviso in profondità. Tra le due magnifiche attrici ecco una danza erotica che mette a confronto il corpo giovane e quello maturo, il sesso etero e lesbico, la vita e la narrativa: un movimento che si bagna nell’enigma e perfino – forse – nel delitto. Alla fine la storia si dissolve e a bordo piscina resta solo il desiderio. Per un’estate diversa gialla-erotica.

Roberto Baldassarre sceglie
Acapulco, prima spiaggia…a sinistra

Nessuna rivalutazione critica, se non che rimane a tutt’oggi il miglior film del lontano duo comico Gigi e Andrea. L’estivo Acapulco, prima spiaggia… a sinistra (1983) di Sergio Martino fotografa bene, nella sua quasi resa mediocre, il tipico gallismo italiano che esplode durante la stagione canicolare. La spiaggia come terra di cacciagione, e quello che conta è riuscire a conquistare e portare a letto più donne possibili. E alla iellata e pauperistica coppia di satiri, che può solo sognare esotici lidi balneari, non importa più se non sono belle, come dimostra il riparatorio finale cittadino. Sono lontani i tempi dell’attenta e fustigante descrizione sociologica de L’ombrellone (1965) di Dino Risi, e nel film di Martino prevalgono le battute o le scenette comiche, alcune divenute cult (Dio mede!). Qualche seno al vento e una canzone cantata da Gigi e Andrea, orecchiabile e divertente, sebbene imbevuta di maschilismo.

Roberto Baldassarre sceglie
Casotto

Unico vero successo commerciale di Sergio Citti, Casotto (1977), sceneggiato assieme a Vincenzo Cerami, è divenuto soltanto negli anni un cult, attraverso i notturni passaggi televisivi su Rete 4, anche per un cast tanto pazzesco quanto bizzarro che raggruppa Jodie Foster, Gigi Proietti, Catherine Deneuve, Ugo Tognazzi, Paolo Stoppa, Mariangela Melato, Michele Placido e molti altri. Una commedia corale, tendente al grottesco, ambientata in un casotto (ricostruito in studio) di Ostia, nel quale i personaggi s’incrociano, si guardano e si giudicano. In pratica un kammerspiel comico balneare nel quale questa bislacca fauna umana interagisce mostrando i propri vizi e le proprie debolezze. L’idea, stando alle dichiarazioni di Citti, nasce dopo aver guardato Una domenica d’agosto (1950).

Guido Reverdito sceglie
La prima notte di quiete

Perfetto in tutto il mix complesso di componenti che lo rendono unico nel suo genere, La prima notte di quiete è un melodramma a tinte fosche con eroe maledetto il giusto (Delon con cappotto di cammello e girocollo verde addosso in tutte le scene in curiosa sintonia con il quasi identico e ugualmente mitico indumento indossato da Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi quello stesso anno); atmosfere cupe di una Rimini livida come l’anima sporca di tutti i misfit al capolinea che sono i protagonisti di questa discesa agli inferi di provincia; jazz algido e desolato che accompagna il protagonista all’appuntamento con la morte come se fosse un ronzio premonitore che ne annuncia l’arrivo infiltrandosi subdolo nel cervello dello spettatore; e cast super lusso che accanto alla star francese (ma con Zurlini furono cazzotti fin dal primo ciak) vede spiccare un giovane e rabbioso Giancarlo Giannini spalleggiato da Renato Salvadori, Alida Valli, Lea Massari e Adalberto Maria Merli. Un solo neo in una gemma che non smette di brillare: essendone anche il co-produttore con la Ttitanus Film, per la versione distribuita in Francia col titolo molto meno suggestivo di Le professeur Delon – animato dal suo noto sciovinismo – ebbe la bella idea di tagliare 27 minuti dell’originale, scempiando così un capolavoro con dissennati colpi di accetta che solo molti anni dopo ammise essere stati un grave errore di prospettiva.


di Redazione
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