Nikita Mikhalkov. Il piacere di raccontare – Convegno a Lecce

Il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, in collaborazione con il “Festival del Cinema Europeo”, ha organizzato a Lecce, lo scorso 17 aprile, un Incontro dal titolo Nikita Mikhalkov. Il piacere di raccontare, al quale ha partecipato anche lo stesso regista. I lavori convegnistici sono stati introdotti da Bruno Torri che ha dapprima spiegato il titolo dell’Incontro ricordando che Mikhalkov è sempre stato “motivato dal gusto affabulatorio, dal desiderio di raccontare delle storie: storie di persone, di vicende esistenziali, di sentimenti, ma sempre contestualizzate in un ambiente, in una società, in una dimensione spazio-temporale e storica”. Ha quindi proseguito soffermandosi sullo stretto rapporto del cinema di Mikhalkov con la tradizione e con la letteratura russa, che infatti è stata la fonte ispirativa di alcuni dei suoi film migliori. Torri ha poi indicato la capacità del regista a “ricorrere a diversi e ben calibrati registri espressivi (con la predominanza del patetico e dell’ironico)” per arrivare a un cinema insieme classico e autoriale, volto anche a stabilire un sicuro dialogo con lo spettatore, chiamato a emozionarsi e a riflettere. Infine ha concluso il suo intervento affermando che Mikhalkov, anche se ha cominciato e poi continuato per circa vent’anni a operare durante la dittatura comunista, è riuscito “pur senza assumere posizioni di aperto dissenso, a non fare mai film di regime, e anzi ha saputo comunicare, assieme alla complessità e alla profondità del carattere russo, il rifiuto delle offese che le contingenze storiche recano all’individuo”. All’introduzione di Torri hanno fatto seguito quattro relazioni (che verranno pubblicate integralmente sul prossimo numero di CineCritica cartacea) tenute rispettivamente da Vito Attolini, Sauro Borelli, Vincenzo Camerino e Morando Morandini. I quali, da diverse angolazioni e con diverse argomentazioni, hanno esaminato criticamente l’opera del regista, sia considerandola nel suo aspetto complessivo, sia interpretando e valutando alcuni dei suoi film. Dopo la lettura delle relazioni è seguita una discussione nel corso della quale sono anche state poste delle domande a Mikhalkov, il quale, rispondendo, ha potuto esplicitare la sua visione della realtà, la sua poetica, la sua concezione della critica e del pubblico, accennando anche al suo lavoro di attore. In particolare ha insistito, sempre in chiave personale, sui rapporti tra potere e libertà, dicendo, tra l’altro, in polemica con una parte dei critici russi: “non mi vergogno di nessuno dei film che ho fatto: corrispondono ognuno a quello che sentivo mentre li facevo”. Alle fine, per riferirsi alle differenze riscontrabili tra il prima e il dopo la caduta del regime sovietico – differenze, ha precisato, che “non escludono la presenza di alcuni momenti di continuità” – ha detto che il suo ultimo film, 12, “forse non sarebbe stato pensato e certo non sarebbe uscito nell’URSS”, appunto per significare che, comunque, rispetto al passato, oggi c’è in Russia più libertà d’espressione, e più libertà in generale, anche se ancora non si può parlare di un processo democratico pienamente compiuto.


di Fabio Castelli
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