Senza sangue
La recensione di Senza Sangue, di Angelina Jolie, a cura di Roberto Baldassarre.

Tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro Baricco, pubblicato da Rizzoli nel 2002, Senza sangue (Without Blood, 2024) è il sesto lungometraggio da regista di Angelina Jolie. E anche in questa pellicola si riscontrano gli usuali pregi e difetti. Le qualità sono il coraggio registico della Jolie, che sceglie storie stratificate e sfondi storici complessi, mentre le imperfezioni si individuano nella resa finale, benché tecnicamente di pregevole fattura. Rispetto a molti altri suoi colleghi, che sono passati alla regia ma ritagliandosi comunque ruoli da protagonisti, la Jolie soltanto per By the Sea (2015) si era messa anche davanti alla macchina da presa. Nelle restanti pellicole ha invece sempre privilegiato il ruolo di regista, che comporta tanto l’attenzione per una giusta messa in scena quanto una calibrata direzione degli attori.
E in Senza sangue questi due aspetti sono fondamentali per lo sviluppo di questa storia, che si svolge in due tempi. Il fulcro della vicenda, che legherà per sempre i due protagonisti Nina (Selma Hayek) e Tito (Demián Bichir), è l’incipit. Un riarso e aggressivo incipit, d’ascendenza stilistica western, incentrato sul contrasto tra l’assolato e quieto esterno messicano e il polveroso e asfittico interno della casa colonica, dove deflagra la tragedia, anticipata da una tensione in crescendo. Ed è in questo drammatico avvenimento che la piccola Nina, nascosta dentro una botola (rannicchiata come se fosse un utero) che ha il suo battesimo alla vita vera. Il sangue (del padre) che le cola sul piede, è come se fosse la metafora delle mestruazioni. La sua vita prenderà un percorso completamente differente, sempre costellato di prevaricazioni, perdite e coraggio di affrontare le nuove svolte imposte dalle situazioni. La fragile bambina Nina è stata forgiata dal funesto delitto familiare. Tutto questo arzigogolato itinerario esistenziale è riassunto da lei stessa conversando con Tito che, sebbene fosse complice degli uccisori del padre, la protesse lasciandola nascosta. Un fitto dialogo in cui sono inframmezzati i flashback che mostrano le salienti vicissitudini di Nina.
Senza sangue si palesa come un film che da un lato di dialogo, nel quale queste due anime ormai solitarie si confrontano e si “corteggiano”, e dall’altro un’opera con sequenze di cinema molto fisico. La Jolie, che sin dall’esordio con il documentario A Place in Time (2007), titolo che sintetizza perfettamente tutte le seguenti opere registiche, legate a un determinato periodo, trova nel romanzo di Baricco un’altra complicata storia d’amore, che si consuma nel confronto dopo molti anni. In queste intimiste che si apprezza la Jolie regista, che si concentra sui minimi dettagli, che accompagnano i dialoghi dei personaggi. Come si ammira, fino a quando non eccede con la drammaturgia, la sequenza iniziale. Meno funzionali i continui flashback, sicuramente utili per spezzare la “staticità” del confronto tra i due, perché ridondanti narrativamente e pletorici in alcune scelte registiche.

di Roberto Baldassarre