Paura dell’alba

La recensione di Paura dell'alba, di Enrico Masi, a cura di Ignazio Senatore.

Ha una doppia anima Paura dell’alba di Enrico Masi. Il regista emiliano sposa, infatti, nella prima parte, i toni della fiction e, nella seconda. quelli del documentario. Inizialmente, Masi mostra, infatti, dei giovani partigiani che, nell’estate del 1944, dopo essersi rifugiati nelle montagne tra Emilia e Toscana, organizzano la Resistenza, contro i soldati tedeschi, rei di aver trucidato in quel territorio, senza pietà, una popolazione composta, prevalentemente, da vecchi, donne e bambini. Il regista lascia fuori campo le violenze naziste e, per contrasto, lascia che il silenzio e il magnifico paesaggio, fungano da contro-altare agli orrori della guerra.

Il regista non mostra Nello Pini, comandante della Brigata, che assieme ad altri partigiani, darà vita alla Repubblica di Montefiorino, una delle prime esperienza di autogoverno sul territorio italico. Masi invita lo spettatore a immaginare quale clima si respirava quei giorni e lascia fuori campo gli scontri, e le battaglie tra civili e soldati. Nella seconda parte, invece, vira sul documentario, mostra diverse foto in bianco e nero e lascia che dei narratori illustrino le immagini d’archivio, provenienti da vari Istituti Storici della Resistenza.

Nei titoli di coda, Masi ricorda come Nello Pini verrà giustiziato dagli stessi partigiani, per aver fucilato un gruppo di miliziani fascisti, senza processarli. Un docufilm dalla durata insolita (44’) che rispolvera testimonianze inedite, come quelle del partigiano Staffa, che, eroicamente, ha lottato contro l’invasore tedesco e i fascisti alleati. Il risultato è quello di uno spaccato della guerra civile di quegli anni, narrato senza enfasi o trionfalismi, da un regista che, sin da bambino, si è nutrito dell’eco delle gesta, combattute su quei verdeggianti crinali montuosi.


di Ignazio Senatore
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