Le vite degli altri

Grande film, questo Le vite degli altri, meritatamente premiato con l’Oscar come miglior film straniero.Florian Henckel von Donnersmarck, regista esordiente, classe 1973, colpisce ed emoziona con una storia intensa, dolorosa, romantica, ambientata nel 1984 nella Repubblica Democratica Tedesca. Il Muro di Berlino è ancora saldamente in piedi, la Stasi controlla i cittadini della Ddr. Viene aperto un fascicolo anche su Georg Dreymann, drammaturgo apparentemente in ottimi rapporti con il regime di Honecker. Eppure l’ordine è dall’alto è: trovare qualcosa contro Dreymann. Un ministro ha messo gli occhi su Christa Maria, la bella attrice compagna dell’artista. Un solerte capitano della Stasi, Gerd Wiesler, è incaricato di sorvegliare la vita del drammaturgo. La casa dello scrittore viene riempita di microspie. Wiesler, uomo dalla vita arida e solitaria, ascolta ogni dettaglio della vita di Dreymann. All’inizio non accade niente che possa compromettere la vita e la posizione dell’intellettuale. Ma poi le cose cambiano. Dreymann prende coscienza, vuole testimoniare le reali condizioni di vita dei cittadini della Ddr. Anche il capitano della Stasi, però, prende coscienza dell’infernale meccanismo di cui egli stesso fa parte. E decide di assumersi dei rischi, che però potranno solo in parte cambiare i destini delle persone coinvolte. La tragedia è in agguato in questa vicenda di spie, spiati e delatori. Figlio di due ex cittadini della Germania Est, Von Donnersmarck rievoca magistralmente gli ultimi anni della Ddr, rende alla perfezione un clima, un’atmosfera opprimente che condizionava la vita quotidiana. I metodi utilizzati per reclutare “collaboratori” della polizia segreta, gli snervanti interrogatori, gli intrighi del potere, il ruolo degli intellettuali. Le vite degli altri (che ha certamente qualche debito verso La conversazione di Coppola) vale certamente per il suo aspetto politico e storico, ma soprattutto per quello umano. E’ una lancinante storia di uomini e donne, che cambiano, che rischiano, che sbagliano, che possono redimersi o perdersi per sempre: i personaggi sono autentici, vibranti, indimenticabili. E la tensione non abbandona mai lo spettatore anche per l’abile costruzione narrativa da thriller. Tutti bravissimi gli attori, fra cui spicca in particolare Ulrich Muhe nel ruolo del capitano Wiesler.
Anna Parodi
Note critiche di Maurizio G. De Bonis
Oltre che dal punto di vista contenutistico, Le vite degli altri è un film esemplare per quel che concerne determinati aspetti linguistici ed espressivi.
Le vicende parallele del drammaturgo George Dreymann e del capitano della Stasi Gerd Wiesler sono elaborate attraverso innesti di elementi del linguaggio filmico che di volta in volta connotano situazioni e ambienti. Mentre la casa del drammaturgo è caratterizztao da un calore “antico”, dal legno e da una luce morbida e avvolgente, quella della spia della Stasi è contraddistinta da una luce fredda e da un arredamento asettico e algidamente modernista che rende ancora più agghiacciante la solitudine del soggetto.
Il regista del film ha abilmente miscelato tensione romantica e volontà, descrittiva, scelta che permette un’alternanza armoniosa tra coinvolgimento emotivo e riflessione intellettuale.
La struttura del racconto è tutta basata su questo equilibrio sottile che per certi versi risulta quasi miracoloso. Nel finale l’intelligente Florian Enckel von Donnersmarck sembra voler cedere alla tentazione controproducente della svolta consolatoria, portando i due protagonisti a sfiorararsi in un incontro per le strade di Berlino. L’autore compie però una sorta di deviazione, evitando una clamorosa scivoltata verso una “retorica sentimentale” che avrebbe annullato la tensione psicologica del racconto.
Alla fine dunque non rimarrà che la solitudine, quella senza speranza dell’ex capitano della Stasi e quella libera ma maliconica del drammaturgo Dreymann.
Maurizio G. De Bonis
di Anna Parodi